Maledetti scrittori fantasy

A leggere i giornali sembra che la colpa della strage dell’altro giorno a Firenze è dello scrittore americano Howard Philip Lovecraft, reo di essere un po’ troppo figlio del suo tempo, ed aver instillato in Gianluca Casseri il germe dell’estraniamento dalla realtà e del razzismo. 


Questa idea emerge in particolare nell’articolo di Grazia Longo su La Stampa di Torino
 
«All’età di 12 anni, folgorato dall’incontro con H.P. Lovecraft, si aliena definitivamente dal cosmo ordinato che ci circonda». Poche righe in cui già proliferano il germe dell’estraniamento dalla realtà a favore della letteratura fantasy e, soprattutto, il germe del razzismo. In due libri in particolare lo scrittore americano Lovecraft spinge il suo razzismo alle estreme conseguenze, caratterizzando esplicitamente le persone di colore come «subumane».

Siccome vogliamo evitare che altri possano seguire le orme di Casseri e de norvegese Breivik, traviato a sua volta dal pericoloso estremista John Stuart Mill, ho compilato una lista di citazioni, purtroppo incompleta che potrà servire per ripulire gli scaffali di biblioteche e librerie da pericoli autori inneggianti al razzismo. 

Iniziamo da Aristotele, pericolosissimo perchè insegnato in tutte le scuole;

«Un essere che per natura non appartiene a se stesso ma a un altro, pur essendo uomo, questo è per natura schiavo: e appartiene a un altro chi, pur essendo uomo, è oggetto di proprietà: e oggetto di proprietà è uno strumento ordinato all'azione e separato. [...] Se esista per natura un essere siffatto o no, e se sia meglio e giusto per qualcuno essere schiavo o no, e se anzi ogni schiavitù sia contro natura è quel che appresso si deve esaminare. Non è difficile farsene un'idea con il ragionamento e capirlo da quel che accade. Comandare ed essere comandato non solo sono tra le cose necessarie, ma anzi tra le giovevoli, e certi esseri , subito dalla nascita, sono distinti, parte a essere comandati, parte a comandare. [...] Ora gli stessi rapporti esistono tra gli uomini e gli altri animali: gli animali domestici sono per natura migliori dei selvatici e a questi tutti è giovevole essere soggetti all'uomo, perché in tal modo hanno la loro sicurezza. Così pure nelle relazioni del maschio verso la femmina, l'uno è per natura superiore, l'altra inferiore, l'uno comanda, l'altra è comandata - ed è necessario che tra tutti gli uomini sia proprio così. Quindi quelli che differiscono tra loro quanto [...] l'uomo dalla bestia (e si trovano in tale condizione coloro la cui attività si riduce all'impiego delle forze fisiche ed è questo il meglio che se ne può trarre), costoro sono per natura schiavi [...]. In effetti è schiavo per natura chi può appartenere a un altro (per cui è di un altro) e chi in tanto partecipa di ragione in quanto può apprenderla, ma non averla: gli altri animali non sono soggetti alla ragione, ma alle impressioni. Quanto all'utilità, la differenza è minima: entrambi prestano aiuto con le forze fisiche per la necessità della vita, sia gli schiavi, sia gli animali domestici. Perciò la natura vuol segnare una differenza nel corpo dei liberi e degli schiavi: gli uni l'hanno robusto per i servizi necessari, gli altri eretto e inutile a siffatte attività, ma adatto alla vita politica [...]. Dunque, è evidente che taluni sono per natura liberi, altri schiavi, e che per costoro è giusto essere schiavi» (Aristotele, Politica I, 4-5)
E che dire di Montesquieu, il padre del costituzionalismo moderno

«Queste creature sono completamente nere e con un naso così schiacciato di cui si può avere a malapena compassione. Non si può concepire l’idea che Dio, che è un essere saggio, debba mettere un’anima, soprattutto un’anima buona, in un corpo del tutto nero […]. È impossibile supporre che quella gente siano degli uomini, cominceremmo a credere che non siamo noi stessi cristiani» (Lo spirito delle leggi, libro XV)
Vogliamo poi dimenticare il filosofo Immanuel Kant?

«I negri della costa d’Africa non hanno della origine loro alcun sentimento che s’innalzi al di sopra del frivolo. Sfida Hume chi che sia di nominargli un sol negro ch’abbia mostrato talenti e sostiene che, a centinaia di migliaia di schiavi tolte alle piagge della loro patria, e molti dei quali han racquistata la lor libertà, non se ne sia un solo incontrato che abbia prodotto cosa di grande nelle arti e nelle scienze; a questa sua assertiva oppone una folta di bianchi, che parevano esser ritenuti dal loro nascimento negli ultimi posti della società, e che me uscirono mercè la sola forza delle loro qualità native; tanta è omai distinta la differenza tra queste due specie d’uomini. Esse non si allontanano meno, una dall’altra, sotto il rapporto delle facoltà morali che sotto quello del lor colorito. Il culto delle fettisci, cui questi popoli vanno soggetti, è una sorte di sì deplorabile idolatria, che ricade al di sotto di quell’ultimo grado di ridicolo, di cui altri non oserebbe, nemmeno idealmente, d’insozzare l’umana natura. » (Kant, saggio sul sentimento del sublime e del bello)
Oppure l’illuminista scozzese David Hume?
«Sospetto i Negri e in generale le altre specie umane di essere naturalmente inferiori alla razza bianca. Non vi sono mai state nazioni civilizzate di un altro colore che il colore bianco. Né individuo celebre per le sue azioni o per la sua capacità di riflessione… Non vi sono tra di loro né manifatture, né arti, né scienze. Senza fare menzione delle nostre colonie, vi sono dei Negri schiavi dispersi attraverso l’Europa, non è mai stato scoperto tra di loro il minimo segno di intelligenza»
Sono sicuro che l’illuminata giornalista de La Stampa saprà fare buon uso di questa lista per prevenire questa “arte degenerata” che potrebbero “corrompere” la nostra cultura.

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