«I
giovani devono abituarsi all’idea che non avranno un posto fisso per tutta la
vita, del resto, diciamo la verità, che monotonia un posto fisso per tutta la
vita. È più bello cambiare, avere
delle sfide, purché siano in condizioni accettabili e questo vuol dire che
bisogna tutelare un po’ meno chi oggi è iper-tutelato e tutelare un po’ di più
chi oggi è quasi schiavo nel mercato del lavoro o proprio non riesce a entrarci»
Così parlò Monti
a Matrix e non posso che condividere le considerazioni
di Alberto Bisin su Noisefromamerika: estendere la protezione a tutti
significa ridurre ulteriormente il numero degli occupati, specialmente giovani
e donne.
Lasciamo stare le urla
indignate di chi ha trasformato quel discorso che ho riportato nella sua
interezza, nello slogan “Il posto fisso è monotono” (che vuol dire ben altra
cosa!), lasciano il tempo che trovano.
Vorrei piuttosto concentrarmi su
ciò che l’economista keynesiano Gustavo Piga propone
come soluzione per risolvere il problema:
«Benissimo.
Rovescerei il messaggio: che monotonia stare a casa disoccupati. I giovani si
abituino a cambiare.
2
milioni circa di giovani disoccupati. Uno spreco incredibile per il nostro
Paese.
Immaginiamo di metterli tutti al lavoro. Fine della monotonia. Contratto a 3 anni, 1000 euro al mese, non rinnovabile, non tassati. In
totale, 12.000 euro l’anno, 25 miliardi di euro, poco più di 1% di PIL»
L’idea è quella di mettere per
tre anni al lavoro questi disoccupati, ad un salario di 1000 euro al mese, che,
badate bene, qui è uguale al costo del
lavoro, «nei Ministeri, presso i Musei, nelle
università, nei cantieri, nel supporto agli anziani». Chissà quante cose imparerebbero,
suggerisce il docente, quanti incontri utili, come aiuterebbero la
ricostruzione del paese!
Il richiamo è al servizio militare
obbligatorio oppure, come viene fatto notare nei commenti, al servizio civile e
ai lavori socialmente utili.
Ci siete fin qui? La trovate una
proposta bellissima che darà ai giovani disoccupati incredibili opportunità per
fare nuove conoscenze ed accumulare esperienza lavorativa? Bene.
Controproposta.
Immaginiamo di dire al settore privato:
se assumi un disoccupato con un contratto triennale, non rinnovabile, lo paghi
1000 euro al mese, zero tasse, zero contributi, zero assicurazione sugli
infortuni, zero ferie pagate. Costo per gli imprenditori? 12000 euro l’anno. Costo
per la collettività: zero. Pensate a quante opportunità per le nostre aziende
in crisi per dare lavoro, creare ricchezza e rilanciare la crescita del PIL. Scommettiamo
che gran parte dei due milioni di disoccupati troverebbe presto occupazione?
Ma soprattutto, scommettiamo che tutte
le associazioni sindacali dei lavoratori, gran parte dei politici e dei ben
pensanti paladini dei lavoratori sbraiterebbero subito che così si legalizza la
schiavitù e si ledono i diritti dei lavoratori? «Ma come, strillerebbero, a
questi imprenditori privati viene
permesso di non pagare i contributi pensionistici, le assicurazioni sugli
infortuni, le ferie? E cosa succede a chi si infortuna sul lavoro? Pagano per
tutti Mario Monti e la Fornero?».
Ed ecco che magicamente, quella che viene giudicata una
splendida idea, se attuata dallo Stato, diventa malvagia e diabolica se
permessa al settore privato. Non vogliamo mica permettere ad un imprenditore privato di assumere un lavoratore senza
pagargli i contributi, l’assicurazione
sugli infortuni e le tasse?
Oggi se un datore di lavoro vuole
offrire a un disoccupato uno stipendio netto di 1000 euro al mese ne deve
pagare quasi 1900.
Forse, erodendo questi 900 euro trattenuti a vario titolo dallo Stato, si potrebbe
fare in modo che sia lo stesso settore privato a riassorbire la disoccupazione,
senza dover scomodare ricette keynesiane di assunzioni pubbliche temporanee,
che spesso poi si traducono in posti di lavoro fittizi di stampo clientelare.
E allora rileggiamo Monti e Bisin
senza pregiudizi ideologici e vedremo che su questo punto hanno perfettamente
ragione.
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