Buoni o cattivi

Alla fine, diciamocelo con franchezza, gli economisti austriaci sono intrinsecamente cattivi. Durante il boom rovinano le aspettative felici di chi crede di poter diventare ricco facilmente, inseguendo la bolla rialzista. Quando tutti sono euforici ed ottimisti, eccoli, novella Cassandra pronti ad annunciare l’imminente crash dei mercati.

Non si fa nemmeno in tempo a ridere di loro che il crash arriva davvero, proprio dei menagrami!

Ma non è finita qui. Quando poi ci si ingegna per uscire dalla crisi e si propongono piani di intervento per ridurre la disoccupazione e far ripartire l’economia, ecco che i cattivi tornano alla carica blaterando che questi interventi peggioreranno soltanto le cose e non risolveranno nulla. Se si cerca di far ripartire gli investimenti con la politica monetaria, eccoli strepitare di abolire la Fed! Se si vuole aumentare la spesa pubblica, chiedono invece di ridurla!

Come scriveva Krugman è colpa di costoro se la Fed non farà nulla per ridurre la disoccupazione ed è sempre a causa loro se è il futuro di milioni di persone senza lavoro è segnato.

Questi, invece, sono i buoni


«Scavare buche per terra, pagandole con risparmi, incrementerà non solo il livello di occupazione ma anche il prodotto nazionale di beni e servizi effettivamente utili»

«La costruzione di piramidi, terremoti, perfino guerre possono servire ad aumentare la ricchezza se la formazione dei nostri uomini di stato, plasmatasi sui principi degli economisti classici non impedisse di fare qualcosa di meglio»

J.M. Keynes – Teoria Generale

«Come ho scritto tante volte in diversi contesti da quando è iniziata la crisi, la trappola della liquidità ribalta molte delle normali regole di politica economica. La virtù diventa un vizio: cercare di risparmiare di più ci fa divenire più poveri, sia nel breve che nel lungo termine. La prudenza è una follia: una decisa volontà di mantenere un pareggio di bilancio ed evitare ogni rischio di inflazione è la strada maestra per la rovina. Il mercantilismo funziona: i paesi che sussidiano le esportazioni e pongo restrizioni alle importazioni guadagnano davvero a scapito dei loro partner commerciali. Per il momento – e probabilmente per i prossimi anni – ci troviamo in un mondo in cui nessuna delle leggi che avete imparato ai corsi di economia si applica»

«Se scoprissimo che degli alieni dallo spazio volessero attaccarci e fosse necessario un massiccio programma per contrastare il loro attacco e l’argomento inflazione e pareggio di bilancio passassero in secondo piano, questa recessione sarebbe finita in 18 mesi. E se poi scoprissimo che “oops” ci eravamo sbagliati e non c’erano alieni, staremmo comunque meglio»

questo significa che la catastrofe nucleare potrebbe finire per avere un effetto espansivo, se non per il Giappone almeno per il mondo nella sua globalità. Se vi suona come pazzia, beh, le leggi dell'economia un una trappola della liquidità sono così, ricordatevi, la Seconda Guerra mondiale ha fatto finirela Grande Depressione

Può sembrare orrendo dirlo ma questo attacco terroristico (11 settembre 2001, ndA) - così come il giorno dell'infamia originale (attacco di Pearl Harbor ndA), che ha fatto finire la Grande Depressione - potrebbe portare dei benefici all'economia.

Paul Krugman – Premio Nobel per l’Economia nel 2008

Io da sempre, preferisco i cattivi...


* la nota sul terremoto di ieri a Washington è invece appara su un account google che fortunatamente era un fake.


Krugman e gli alieni

Questo ha vinto il Nobel per l'economia nel 2008, scrive editoriali per il New York Times ed è acclamato come grande economista.... ci spiega come uscire dalla crisi in 18 mesi...




Se scoprissimo che degli alieni dallo spazio volessero attaccarci e fosse necessario un massiccio programma per contrastare il loro attacco e l’argomento inflazione e pareggio di bilancio passassero in secondo piano, questa recessione sarebbe finita in 18 mesi. E se poi scoprissimo che “oops” ci eravamo sbagliati e non c’erano alieni, staremmo comunque meglio...

Sempre la solita fallacia della finestra rotta.

Gli "Eroi" di Londra

Sappiamo bene che distruggere vetrine, incendiare case ed automobili, mettere a ferro e fuoco una città non sono atti che portano ricchezza e benessere ad una nazione.
Ce lo dice il buon senso ed anche la teoria economica.... perlomeno in tempi normali.

Sì, perché come ci ricorda quasi tutti i giorni il premio Nobel Paul Krugman non viviamo in tempi normali e le leggi standard dell’economia non si applicano più:

«Come ho scritto tante volte in diversi contesti da quando è iniziata la crisi, la trappola della liquidità ribalta molte delle normali regole di politica economica. La virtù diventa un vizio: cercare di risparmiare di più ci fa divenire più poveri, sia nel breve che nel lungo termine. La prudenza è una follia: una decisa volontà di mantenere un pareggio di bilancio ed evitare ogni rischio di inflazione è la strada maestra per la rovina. Il mercantilismo funziona: i paesi che sussidiano le esportazioni e pongo restrizioni alle importazioni guadagnano davvero a scapito dei loro partner commerciali. Per il momento – e probabilmente per i prossimi anni – ci troviamo in un mondo in cui nessuna delle leggi che avete imparato ai corsi di economia si applica»

Lo stesso Keynes (Teoria Generale, capitolo 16) scriveva che se non si poteva far scendere il tasso di interesse al di sotto del livello che avrebbe consentito consentito la piena occupazione allora...

«Scavare buche per terra, pagandole con risparmi, incrementerà non solo il livello di occupazione ma anche il prodotto nazionale di beni e servizi effettivamente utili»

Guardiamo allora con occhi diversi a quanto sta accadendo a Londra in questi giorni:

Pensate in modo diverso a questi ragazzi mascherati che distruggono le vetrine e saccheggiano i negozi. Le leggi normali dell’economia e del buon senso non si applicano se siamo nella trappola della liquidità.

Non sono dei delinquenti... sono dei benefattori.

Ovviamente non siamo diventati tutti pazzi. Le leggi dell’economia si applicano anche durante le depressioni economiche e questo era solo un esempio paradossale della fallacia della finestra rotta.


Einaudi sulla crisi


«Come si può pretendere che la crisi sia un incanto, e che col manovrare qualche commutatore cartaceo l’incanto svanisca, quando tuttodì, anche ad avere gli occhi mediocremente aperti, si è testimoni della verità del contrario? Si osservano, è vero, casi di disgrazia incolpevoli, di imprese sane travolte dalla bufera. Ma quanti e quanti esempi di meritata punizione. Ogni volta che, cadendo qualche edificio, si appurano i fatti, questi ci parlano di amministratori e imprenditori, o avventati, o disonesti. Le imprese dirette da gente competente e prudente passano attraverso momenti duri, ma resistono. Gran fracasso di rovine invece attorno a chi fece in grande a furia di debiti, a chi progettò colossi, dominazioni, controlli e consorzi; a chi, per sostenere l’edificio di carta, fabbricò altra carta e vendette carta a mezzo mondo; a chi, invece di frustare l’intelletto per inventare e applicare congegni tecnici nuovi o metodi perfetti di lavorazione e di organizzazione, riscosse plauso e profitti inventando catene di società, propine ad amministratori-comparse, rivalutazioni eleganti di enti patrimoniali. L’incanto c’è stato e non è ancora rotto: ma è l’incanto degli scemi, dei farabutti e dei superbi. A iniettar carta, sia pure carta internazionale, in un mondo da cui gli scemi, i farabutti ed i superbi non siano ancora stati cacciati via se non in parte, non si guarisce, no, la malattia; ma la si alimenta ed inciprignisce. Non l’euforia della carta moneta occorre; ma il pentimento, la contrizione e la punizione dei peccatori, l’applicazione inventiva dei sopravvissuti. Fuor del catechismo di santa romana chiesa non c’è salvezza; dalla crisi non si esce se non allontanandosi dal vizio e praticando la virtù»

Luigi Einaudi

Da "Il mio piano non è quello di Keynes", 1933


Ipse dixit

''L'Italia se la sta cavando e se la cavera'. Uscira' sono sicuro dalla crisi meglio degli altri''

Silvio Berlusconi, 19 febbraio 2009

"Possiamo vantare la solidità del sistema bancario, un sistema imprenditoriale molto capace, un governo e una maggioranza forti. Per questo - ha aggiunto Berlusconi - possiamo uscire dall'attuale crisi meglio di altri Paesi, l'Italia è attrezzata meglio"

Silvio Berlusconi, 20 Marzo 2009

"Forse c'è una ricetta per uscire dalla crisi. Abbiamo la possibilità per uscire da questa crisi globale prima e meglio degli altri: dobbiamo avere più fiducia nella possibilità di aggredire i mercati stranieri con nostri prodotti"

Silvio Berlusconi, 30 aprile 2009

“per la prima volta l'Italia fa meglio di altri sia come deficit che come debito. Gli altri paesi hanno numeri peggiori dei nostri pur avendo fatto interventi maggiori dei nostri a favore dell'economia. Questo vuol dire che la crisi da noi era meno forte, perche' non abbiamo pagato il costo di una crescita alla carte, basata cioe' sul debito famiglie, imprese, banche"

Giulio Tremonti, 5 Maggio 2009

“ Certo se mancano 5 punti di Pil mancano anche le relative entrate. In ogni caso, l'andamento delle entrate è in linea con le previsioni e la dinamica è meno negativa che in altri Paesi europei"

Giulio Tremonti, 29 luglio 2009

''Sull'occupazione - ha detto tremonti - l'Italia va comunque molto meglio di altri paesi”

Giulio Tremonti, 22 Settembre 2009

"Oltre il 90% del Pil europeo è in deficit eccessivo. Rispetto ad altri Paesi il livello del deficit italiano non tra i più alti Alcuni sono al di sopra del 10%, l'Italia è al 5%"

Giulio Tremonti, 7 Ottobre 2009

"C'è un diffuso ottimismo. C'è effettivamente una sensazione, anzi segnali concreti di una ripresa con il peggio della crisi ormai alle spalle, basta guardare i dati dell'Ocse. Anche per quanto riguarda i contatti con il mondo delle imprese c'è ottimismo. l'Italia sta meglio di altri Paesi. Abbiamo superato anche l'Inghilterra. Siamo sesti contributori alle spese delle Nazioni Unite, terzi per quelle dell'Europa"

Silvio Berlusconi, 6 novembre 2009

“Teniamo conto del fatto che in Europa ci sono Paesi come la Grecia, il Portogallo, ma anche la Spagna e l'Irlanda che sono in situazioni abbastanza preoccupanti, noi invece ce la stiamo cavando meglio di tutti gli altri”

Silvio Berlusconi, 6 Febbraio 2010

"Le tabelle del Fondo Monetario Internazionale ci vedono messi sul debito pubblico a fianco della Germania e molto meglio di tanti altri grandi Paesi, Stati Uniti compresi”

Giulio Tremonti, 25 Aprile 2010

“Siamo in una situazione difficile ma l'Italia e' in una posizione migliore rispetto ad altri paesi europei”

Roberto Maroni, 1 Maggio 2010

"L'Italia sta meglio di altri Paesi ed è vaccinata da eventuali contagi"

Giulio Tremonti, 6 Maggio 2010

"La crisi è alle nostre spalle, per fortuna, e l'Italia ne sta uscendo meglio degli altri in Europa"

Silvio Berlusconi, 29 Giugno 2010

“posso ribadire i dati ufficiali e strutturali che sottolineano come l’Italia abbia attraversato la crisi meglio degli altri Paesi”

Renato Brunetta, 24 Settembre 2010

''L'Italia ha reagito meglio di altri alla crisi economica. Il nostro Paese merita fiducia perche' sapra' raccogliere le sue forze per guardare avanti e stupire il mondo come gia' fatto in passato molte altre volte''

Gianni Letta, 10 Novembre 2010

"L'Italia è al riparo dalla crisi economica mondiale, abbiamo fatto meglio di altri Paesi d'Europa perche abbiamo capito prima e meglio di altri la contingenza e abbiamo agito di conseguenza senza promettere miracoli"

Silvio Berlusconi, 23 Febbraio 2011

"Contrariamente a quanto l'opposizione afferma, noi siamo assolutamente consapevoli che la crisi c'è e continua ed è globale, siamo realisti, ma diciamo che il nostro Paese la sente meno di altri paesi europei e che stiamo uscendo dalla crisi non con estrema velocità, ma in maniera certa"

Silvio Berlusconi, 19 Marzo 2011

"l'Italia viene fuori piuttosto bene. Certo abbiamo dei problemi e lo sappiamo, ma altri li hanno più grandi di noi e questo è merito dell'Italia e degli italiani che sono un popolo molto più serio di tutti i polemisti e i pasticcioni che girano anche da noi"

Giulio Tremonti, 15 Aprile 2011

“l'Italia ha messo alle proprie spalle il picco della crisi meglio degli altri paesi europei''

Silvio Berlusconi, 29 Aprile 2011

“L’Italia sta uscendo dalla crisi meglio di altri Paesi’

Silvio Berlusconi, 6 Maggio 2011

"Abbiamo realizzato una vera e propria missione impossibile: abbiamo affrontato la crisi senza mettere mai, dico mai, le mani nelle tasche degli italiani"

Silvio Berlusconi, 10 Maggio 2011

"La crisi non è finita, ma l'Italia si è lasciata alle spalle il picco più alto meglio degli altri Paesi. Chi dice che l'Italia è impoverita finge di non vedere. I dati del lavoro sommerso sfuggono alle statistiche"

Silvio Berlusconi, 27 Maggio 2011



..e dulcis in fundo

“Le tensioni dei mercati si sono estese al nostro Paese, ma non solo. Hanno elevato il differenziale tra i rendimenti dei titoli di Stato italiani e quelli tedeschi fino al massimo storico. I mercati tuttavia non valutano correttamente il merito di credito. Non e’ tenuta nel giusto conto la solidita’ del sistema italiano e i nostri punti di forza”.

“Le banche italiane si presentano oggi ben capitalizzate, in grado di sostenere la ripresa dell’economia, e la crescita del credito al settore privato e’ superiore a quella degli altri paesi”.

“I ribassi delle azioni delle nostre banche sono assolutamente eccessivi. I valori di mercato sono di gran lunga inferiori ai valori di bilancio”.

"Nel nostro paese l’evoluzione dei conti pubblici è piu’ favorevole che in altri paesi avanzati, dopo la recessione e con la ripresa economica, grazie alla azione di finanza pubblica del nostro governo, i conti sono migliorati e abbiamoun deficit di bilancio meno ampio di quanto indicato (5%) e comunque piu’ basso di altri paesi area europea.”


Silvio Berlusconi, 3 Agosto 2011




Hayek sulla concorrenza

Questo modello di concorrenza perfetta si basa su fatti che esistono solo in qualche settore della vita economica, e su fatti che in molti altri settori non si possono creare a piacere, e che talvolta non sarebbe nemmeno auspicabile creare. L’assunto su cui si basa il modello di concorrenza perfetta è che ogni bene e servizio possono essere forniti al consumatore con glis tessi costi da molti produttori, con il risultato che nessuno di essi può determinare deliberatamente i prezzi, perché se cercasse di far pagare una cifra superiore al costo marginale sarebbe interesse degli altri metterlo fuori mercato. Questa situazione ideale in cui è dato il prezzo per ogni competitore e in cui il suo interesse lo spinge ad aumentare la produzione fino a che il prezzo eguaglia il costo marginale, venne identificata con il modello stesso, e impiegata per valutare i risultati conseguiti dalla concorrenza nel mondo reale.

È vero che, se si potesse produrre una tale situazione, sarebbe auspicabile che la produzione di ogni articolo si estendesse al punto in cui i prezzi eguagliassero i costi marginali, perché in caso contario un ulteriore aumento della produzione del determinato bene significherebbe che i fattori di produzione richiesti sarebbero usati in modo più produttivo altrove. Questo non significa, tuttavia, che quando si deve usare la concorrenza per scoprire che cosa vuole e sa fare la gente, si sia anche in grado di giungere allo stato ideale, e che i risultati della concorrenza «imperfetta» non siano preferibili alle condizioni che si possono creare con altri metodi quali, ad esempio, una programmazione statale.

Evidentemente non è né auspicabile né possibile che ogni bene o servizio significativamente diverso dagli altri sia fornito da un gran numero di produttori, o che vi sia sempre un notevole numero di produttori in grado di produrre ogni cosa agli stessi costi. Di norma, esisterà in ogni dato momento non soltanto un livello ottimale dell’unità produttiva al di sopra e al di sotto del quale i costi aumenteranno, ma anche i vantaggi della specializzazione, dell’ubicazione, della tradizione ecc., che soltanto alcune imprese possiederanno. Di solito poche imprese (o forse soltanto una) sono in grado di fornire la quantità vendibile di un dato bene a prezzi che cprano i costi e siano inferiori a quelli di qualsiasi altra ditta. In questo caso, alcune imprese (o una sola) non avranno bisogno di abbassare i prezzi al costo marginale, o di produrre quantità tali da essere vendute soltanto al prezzo che copra appena i costi marginali.L’interesse spingerà l’impresa unicamente a mantenere i prezzi sotto al livello ac ui nuovi produttori sarebbero tentati ad entrare sul mercato. In questo intervallo di tempo tali imprese sarebbero libere di agire da monopolisti e fissare i prezzi (o le quantità di merce prodotta) al livello che renderà loro maggiormente, e che è limitato soltanto dalla considerazione di dover mantenere i prezzi sufficientemente bassi da escludere gli altri.

In tutti questi casi un dittatore onniscente potrebbe migliorare l’uso delle risorse disponibili, obbligando le imprese ad espandere la loro produzione finché i prezzi cprano appena i costi marginali. Secondo questo standard, applicato comunemente da alcuni teorici, molti dei mercati esistenti sono certamente molto «imperfetti». Tuttavia, per problemi pratici questo standard è completamente irrilevante, perché non si basa su un paragone con una condizione raggiungibile con procedimenti noti, ma con condizioni raggiungibili solo se certi fatti che non possiamo modificare fossero diversi da come sono in realtà. Usare come standard per misurare i risultati della concorrenza gli ipotetici arrangiamenti fatti da un dittatore onniscente sembra naturale all’economista la cui analisi procede sull’assunto fittizio che egli conosce tutti i fatti che determinato l’ordine di mercato. Non fornisce però un test valido applicabile significativamente ai risultati di una politica reale. Il test non dovrebbe essere rappresentato dalla misura del grado di accostamento ad un risultato irrangiungibile, ma dovrebbe permettere di vedere se i risultati di una data politica sono migliori o peggiori dei risultati ottenibili con altri procedimenti. Il vero problema è come si può aumentare l’efficienza oltre il livello preesistente, non quanto ci si può avvicinare a quello auspicabile se i fatti fossero diversi.

In altre parole , lo standard per giudicare i risultati della concorrenza non deve essere costituito da quel che farebbe chi avesse una conoscenza completa di tutti i fatti, ma dalla probabilità, che soltanto la concorrenza può assicurare, che i diversi beni saranno forniti da coloro che producono una quantità di ciò che gli altri desiderano maggiore rispetto a quella che avrebbero prodotto in un regime di non concorrenza.

Friedrich A. Hayek Legge, legislazione e libertà