Bastiat contrario - Oste, è buono il vino?


Non so voi, ma quando mi trovo in vacanza e devo trovare un buon ristorante dove cenare, cerco sempre di documentarmi prima leggendo qualche guida. Ci sono quelle specifiche, che ti informano su prezzi, menù e qualità del servizio oppure quelle più generiche che, oltre a indicarti dove mangiare una buona bistecca al sangue senza rimetterci il conto in banca, consigliano anche un cocktail bar oppure un pub dove proseguire la serata. Credeteci o no, pur essendo inevitabili episodi di corruzione, difficilmente capita di ottenere cattive indicazioni. Il perchè è semplice: i privati che producono queste guide devono poi venderle e ricavare un profitto se vogliono sopravvivere. 

Dando cattivi consigli il prossimo anno non le venderanno più.

Certo, dal punto di vista dei ristoratori, queste guide sono in grado di decretare il successo o il fallimento di un  locale. Un downgrade da parte di Spaghetti & Pizza può far perdere centinaia di avventori ma, siamo onesti, voi vorreste davvero mangiare in un ristorante dove il cibo viene servito freddo e ogni tanto qualche scarafaggio fa capolino dalla cucina?

Meglio esserne informati in anticipo, oppure si rischia di finire come qualche anno fa, quando ad un noto ristorante di carni argentine si verificarono decine di casi di salmonella. Chi aveva mangiato lì, avrebbe gradito molto leggere una recensione negativa prima di prenotare la cena!

È pur vero che la situazione oggi è molto diversa da com’era diversi anni fa, quando numerosi episodi di corruzione ed abusi avevano fatto gridare allo scandalo contro queste agenzie. Però sapete? Non era colpa dell’esistenza di tali società né del fatto che fossero private, anzi. Il problema, come spesso accade, fu una conseguenza imprevista di un cattivo processo di regolamentazione.

C’era infatti il problema dei rimborsi per le spese di rappresentanza ed il timore, specialmente vero nel caso dei politici, era che qualcuno facesse il furbo e si mettesse d’accordo con i ristoratori per truffare il contribuente o la sua azienda. Come fare?

Si decise di risolvere la questione imponendo, a chi voleva ottenere i rimborsi, di cenare soltanto in determinati locali, che avevano ottenuto un giudizio di eccellenza da tre guide decise dal governo. Si pensava in questo modo di forzare la scelta di ristoranti che si erano contraddistinti per onestà e qualità del servizio.

Come andò a finire lo sapete bene. Il business dei rimborsi spese faceva gola a molti e così da una parte i ristoratori iniziarono a far pressione presso le tre agenzie per ottenere giudizi positivi e dall’altra queste ultime approfittarono della situazione di oligopolio per aumentare il prezzo delle loro guide ed accettare tangenti dai ristoranti. Le altre guide, escluse dal decreto governativo, sparirono dal mercato o divennero dei prodotti di nicchia

Ovviamente, quando uno scandalo colpiva un qualche locale, poi le tre agenzie oligopoliste veloci a cambiare i giudizi e denunciare i problemi! Fornivano un cattivo servizio ma continuavano a vendere, forti della protezione che la regolamentazione garantiva loro. 

Ricordate le sollevazioni popolari? Le richieste di regolamentare le agenzie se non direttamente nazionalizzarle? L’insistenza nel dire che i ristoranti chiudevano a causa dei cattivi giudizi riportati in quelle tre guide?

Ma signori, rispondevano alcuni, se è così buono e conveniente mangiare in quel ristorante italiano, perchè non ci pranzate mai? Perchè evitate i souvlaki e la paella e vi imbottite di crauti e birra?

Fortunatamente le richieste di ulteriori regolamentazioni furono respinte ed i privilegi per le agenzie rimossi. Oggi il settore è nuovamente liberalizzato e sono nate su Internet vere e proprie reti in cui gli utenti condividono i loro giudizi su questo o su quel ristorante. 

Se volete ancora vendere la guida “Spaghetti e Pizza nel mondo”, oggi, dovete fornire un servizio impeccabile e di gran qualità oppure i vostri lettori cercheranno le informazioni gratuitamente su Internet. E non è tutto. Ora al ristorante “da Mario” il servizio è migliorato parecchio ed i prezzi sono più bassi. Inoltre, se siete un turista straniero, non tentano più di fregarvi. 

Non sono diventati tutto ad un tratto più onesti ma per lavorare devono mantenere una reputazione e, nella situazione odierna, finire sputtanati su Internet è un attimo.

La spirale del debito pubblico


In un articolo precedente sostenevo come la massima “pagare tutti per pagare meno” sia fondamentalmente sbagliata. Ho mostrato alcuni grafici che illustravano come a fronte di maggiori entrate dovute al recupero dell’evasione, i governi tuttavia continuavano ad aumentare la pressione fiscale, anziché diminuirla. Avevo concluso dicendo che le maggiori entrate non vanno mai a ridurre lo stock di debito esistente ma vengono subito assorbite in nuove voci di spesa. 

In sostanza il Leviatano, più viene nutrito, più chiede cibo.

C’è però chi contesta questa visione ed afferma che se il governo italiano non può diminuire le tasse, ciò non è dovuto al fatto che spende in maniera irresponsabile, anzi. Si fa notare come i nostri ultimi governi, a partire da metà anni ’90, abbiano mantenuto in attivo il bilancio primario e quindi abbiano sempre speso meno denaro di quanto incassato dal contribuente.



Come mai allora il debito pubblico è continuato ad aumentare? La colpa sarebbe degli odiosi interessi sullo stock di debito preesistente, che soffocano la nazione ed impoveriscono gli Italiani. In pratica i governi che si sono succeduti al timone dell’Italia sarebbero stati responsabili e giudiziosi ma il peso crescente degli interessi chiesti dal sistema bancario internazionale, la cosiddetta  Usurocrazia Globale, avrebbe fatto naufragare qualsiasi tentativo di mettere in ordine i conti dello Stato.
Il corollario è che se avessimo avuto ancora la lira e la possibilità per la Banca d’Italia di monetizzare il nostro debito pubblico a tasso zero, i nostri governi  non solo  non avrebbero avuto alcuna difficoltà a ridurre il debito ma avrebbero potuto farlo senza manovre da macelleria sociale e diminuendo le tasse.
È corretta questa analisi? Secondo me no, vediamo il perchè.
Innanzitutto guardiamo l’andamento dei famigerati interessi sul debito che l’Italia ha dovuto pagare negli ultimi 15 anni.

Come si vede, l’ingresso nell’area Euro a fine anni ’90 aveva permesso al nostro paese di chiedere un tasso di interesse più basso sui propri titoli di debito e questo aveva fatto diminuire, in termini assoluti, la spesa per interessi di più di 30 miliardi di euro. Il tutto mentre il nostro debito pubblico stava crescendo. Perchè cresceva?

La risposta è molto semplice. 

Nel periodo 1997-2009 nelle casse dello Stato sono entrati sempre più soldi. Il tasso di crescita medio delle entrate per quel periodo è stato infatti di quasi il 3% e anche se teniamo conto dell’inflazione le tasse crescevano più del PIL reale. ed il governo doveva pagare sempre meno interessi sul debito, la spesa pubblica aumentava ancora più velocemente e con essa il debito pubblico.

In sostanza i bassi tassi di interesse, grandissima occasione per mettere a posto i conti del paese, si sono rivelati per chi era al governo un incentivo a spendere ancora di più. Se infatti riguardiamo il grafico sull’andamento dell’avanzo primario, possiamo notare come progressivamente questo si sia ridotto sino a scomparire del tutto.

Altro che Usurocrazia Globale che ci ha trascinato in una spirale del debito senza via d’uscita!

Bastiat Contrario - Maledette liberalizzazioni

Su questo blog, Ora Liberale, stiamo ripubblicando tutti i pezzi che, con alcuni amici di Torino, ci capita di scrivere. Da oggi, ogni tanto, scriverò qualcosa apposta per quel blog, in una rubrica che abbiam deciso di chiamare Bastiat Contrario. Fateci un giro che ci sono molti interventi interessanti.

Maledette liberalizzazioni

Non appena il governo Monti ha annunciato di voler scrivere un decreto per liberalizzare alcune professioni, si sono scatenate le proteste e le minacce di sciopero. Ascoltiamo le storie di alcuni protagonisti che fanno parte della categoria dei farmacisti (1).
  C’è la storia di Mario, 52 anni, una moglie e due figli, proprietario di una bella farmacia che gode di un bacino di utenza di circa quattromila persone. La sua è da sempre una famiglia di farmacisti: dal padre, che aveva ottenuto la licenza, tramite concorso comunale, nei lontani anni ’60, sino al figlio, che da poco ha iniziato l’università e che spera di seguire le orme del padre e del nonno. Mario è un po’ preoccupato per i figli, alla luce dei provvedimenti che sta prendendo il nuovo governo. Non capisce perchè a Roma se la prendano tanto con la sua categoria – non sarà mica dei farmacisti la colpa della crisi – dopotutto lui lavora con un margine netto del dieci per cento, a norma di legge, paga le tasse e grazie al reddito sicuro di cui ha goduto fino ad oggi è stato in grado di costruirsi una casa tutta sua e farsi una bella famiglia. Non è uno di quelli che sperpera il denaro in vacanze, Suv e ville all’estero: guadagna bene ma non ruba niente a nessuno. Perchè ora vogliono togliere ai suoi figli la sicurezza di cui ha goduto lui?

Continua, su L'Ora Liberale Blog

Il governo Monti e la Compagnia del Mississippi


Vi racconto una storia.

Nel settembre del 1715, a Parigi, moriva Luigi XIV, il Re Sole, lasciando la Francia, dopo venticinque anni di guerre, sull’orlo della bancarotta. Il nuovo re era un infante ed il reggente, il Duca di Orléans, si trovava a dover fronteggiare una situazione disperata. La corona, per finanziare le guerre, si era infatti indebitata fino all’osso, emettendo dei titoli, i billets de monnaie ed i billets d’état, che erano gli antenati dei nostri odierni titoli di debito pubblico. Chi possedeva questi “pagherò” riceveva un tasso di interesse e poteva in qualsiasi momento redimerli in oro ed argento.

I creditori però  non volevano quei pezzi di carta, che sul mercato venivano quotati dal 20% al 50% del loro valore nominale, e di redimerli non se ne parlava: le casse francesi erano vuote e per editto del Re i pagamenti erano stati sospesi. Come fare?

Venne in soccorso del Duca d’Orléans un suo amico, l’economista scozzese John Law, che aveva un’idea tutta sua su come utilizzare un sistema monetario nuovo, slegato dai vincoli metallici, che avrebbe al contempo risolto i problemi debitori della corona e reso ricchi i Francesi.

Il primo passo fu aprire, nel maggio 1716, la Banque Générale (poi Banque Royale), il cui capitale era composto per tre quarti di titoli di debito reale e per un quarto di riserve metalliche e che si proponeva come una vera e propria banca centrale moderna, accettando depositi ed emettendo banconote, gli Ecus de banque, che acquisirono il corso legale. Infatti a partire dal 1917 fu decretato che tutte le tasse e gli introiti statali avrebbero dovuto essere pagati soltanto con quelle banconote.

Il secondo fu creare una società, la Compagnie d’Occident (conosciuta come Compagnia del Mississippi) che avrebbe avuto il monopolio dello sfruttamento dei vasti possedimenti francesi in Louisiana. Le azioni di questa società potevano essere acquistate, al prezzo di 500 lire tornesi, soltanto utilizzando i billets d’état valutati al loro valore nominale. In pratica la Compagnia riceveva il privilegio di sfruttare la colonia americana ed in cambio convertiva il debito della corona in titoli azionari.

Nei mesi successivi, mentre la Banca Reale inflazionava gli Ecus de banque con emissioni successive,  la Compagnia si ingrandiva, acquisendo la proprietà (e i debiti), della Compagnie française des Indes orientales e della Compagnie de Chine, e ricorrendo a nuove emissioni azionarie per finanziare gli aumenti di capitale. Le azioni della Compagnia divennero oggetto di una delle più grandi bolle speculative di tutti i tempi: il loro prezzo passò dalle 500 lire originarie sino ad un picco di 18000 lire, raggiunto nel gennaio del 1720. Si facevano e disfacevano fortune nel giro di pochi minuti e per la prima volta nella storia venne utilizzata la parola millionaire, milionario, per descrivere le fortune dei francesi più ricchi.

La Compagnia non fu un investimento rimasto solo sulla carta, possedeva oltre 500 navi, ma le favolose ricchezze della Louisiana non si dimostrarono tali. Quando la bolla scoppiò le azioni diventarono carta straccia e con esse pure le emissioni della Banque Royale. I milionari francesi si ritrovarono, dal giorno alla notte, con un pugno di mosche.

Chi invece, come Richard Cantillon, aveva compreso il meccanismo di scatole vuote alla base del sistema monetario introdotto da John Law, fu in grado di fare un sacco di soldi, in moneta sonante, vendendo per tempo le azioni sopravvalutate della Compagnia e cambiandole in oro presso la Banque Royale.

Vi è piaciuta questa storia? Guardate qual è il piano di Corrado Passera per pagare le imprese creditrici verso lo Stato con emissioni di nuovi bot ed al tempo stesso ridurre il debito pubblico.

Vi ricorda qualcosa?

(S)PDL, Sono pazzi da legare!


Quando pensavate di averle sentite tutte...


Il debito pubblico va abbattuto, e in fretta. Ieri in un convegno al Senato è stata la volta del Pdl. Il più grande partito presente in Parlamento e azionista di maggioranza del governo guidato da Mario Monti, ha presentato una sua proposta taglia-debito. A firmarla è stato il senatore Mauro Cutrufo, ma a sostenerla c`erano tutti i maggiorenti del partito, dal capogruppo Maurizio Gasparri a Gaetano Quagliariello fino all`ex ministro della Difesa Ignazio La Russa.

Abbattere il debito pubblico! Finalmente! Che si siano resi conto che la spesa pubblica di 800 miliardi di euro è insostenibile e che quindi è necessario tagliarla, in modo da ridurre contemporaneamente la pressione fiscale e lo stock di debito, rilanciando la crescita? 

Ovviamente NO!

Che cosa prevede la proposta del Pdl? L`idea riguarda l`introduzione di una tassa di scopo, battezzata «contributo per il riequilibrio», che dovrebbe essere pagata da tutti i contribuenti, ma che colpirebbe anche le rendite finanziarie. L`imposta verrebbe applicata in funzione del reddito complessivo reale percepito e in forma progressiva.

Questa proposta fa il paio con quella di Alessandro Profumo, di qualche mese fa, e sono ancora valide tutte le obiezioni di allora. Dal momento però che quelli del Pdl non vogliono essere da meno nello sparare idiozie, hanno pensato di riformularla in maniera ancora più incredibile! Infatti queste “teste pensanti” del Pdl vogliono tassare ulteriormente i redditi!

Dalla tassa sarebbero esentati solo i redditi inferiori a 20 mila euro e le aziende con un volume d`affari inferiore a 30 mila euro.

Avete pensato “evasori fiscali” ? Avete fatto bene. Se la patrimoniale sparava nel mucchio della ricchezza accumulata, qui si preferisce andare sul sicuro e mirare sui redditi sulle categorie inermi di fronte alla mannaia statale.

Per le persone fisiche il contributo andrebbe dal 10% per i redditi da 20 mila a 40 mila euro (dunque con un impatto rispettivamente di 2 mila e 4 mila euro), al 22,5% per i redditi oltre i 120 mila euro (dunque un prelievo di 27 mila euro).

Sono completamente pazzi! Dall'articolo sembrerebbe che il contributo del 10% scatti interamente già per chi guadagna 20 mila euro lordi l'anno. Dopo contributi pensionistici e tasse ordinarie a chi guadagna quella cifra rimangono in tasca 14 mila euro, meno di 1200 euro al mese, e ora questi geni si propongono il contributo del 10%?

Sono quasi due stipendi per gente che fa fatica ad arrivare a fine mese!
E la cosa non migliora se si applica l'aliquota soltanto alla parte eccedente i 20 mila euro.

Le imprese pagherebbero tutte un importo pari a un trentesimo del giro d`affari. Una società con un volume d`affari di 500 milioni di euro dovrebbe tirar fuori 16 milioni, una con 200 mila euro di fatturato pagherebbe 6.600 euro.

Del giro d’affari! Non degli utili. La vostra impresa ha un fatturato di 500 mila euro ma quest’anno avete chiuso in perdita di 20 mila euro? Bene, pagate un contributo di altri 16 mila euro di tasse, grazie! Ah, dimenticavo, siete in credito con la pubblica amministrazione e aspettate i soldi da due anni? Ve li paghiamo in btp!

Anche il prelievo sulle attività finanziarie sarebbe progressivo. Su un patrimonio di 150 mila euro si pagherebbe il 6 per mille (9 mila euro), su un patrimonio di 1,1 milioni I`ll per mille (121 mila euro).

Tre misure una più folle, irresponsabile e draconiana dell’altra e tutte a veicolare lo stesso, identico, messaggio: FUGGITE SCIOCCHI! ANDATEVENE DA QUESTO PAESE!

Qual è l`obiettivo di raccolta di questa tassa? Circa 400 miliardi, una somma che permetterebbe di tagliare il debito fino al 97% liberando risorse per 25-30 miliardi l`anno. Secondo la proposta Cutrufo, inoltre, non sarebbe necessario pagare il contributo di riequilibrio in un`unica soluzione, ma si potrebbe scegliere una rateizzazione della tassa su un periodo trentennale.

Attenzione che qui la tragedia si trasforma in farsa. Infatti, se non avete i soldi per pagare la tassa, potete tranquillamente indebitarvi con lo Stato per 30 anni. E allora come fa lo Stato ad incamerare i soldi subito ed abbattere lo stock del debito?

Grazie all`intervento di una società pubblica, un veicolo ribattezzato «Riequilibrio spa», che dovrebbe emettere bond a tasso fisso pari al valore complessivo del gettito dell`imposta di scopo (400 miliardi), che verrebbero collocati sul mercato grazie al basso rischio e all`alto rendimento atteso (5-6%). La garanzia sul pagamento dei bond, infatti, sarebbe data dai crediti tributari verso contribuenti solvibili.

Attingendo al mercato del credito! Perchè in un momento in cui le imprese non riescono ad ottenere credito, lo Stato fa fatica a rifinanziare il proprio debito e le banche vanno ad elemosinare quattrini alla Bce perchè, diciamocelo francamente, sono fallite...
.... questi geni assoluti del Pdl pensano che sia possibile collocare sul mercato qualche centinaio di miliardi di titoli di debito con scadenza trentennale? Via da questo paese, si salvi chi può!

Inoltre, se lo Stato paga il 5/6% di tasso di interesse su questi bond a quanto ammonterà il tasso di interesse praticato sui contribuenti solvibili (in acido?) per spalmare il pagamento della tassa su 30 anni?

Non solo. Alla spa sarebbero trasferiti anche immobili pubblici da vendere in un arco di 15-20 anni in modo da valorizzarli nel miglior modo possibile. I proventi della dismissione dovrebbero servire a restituire il contributo di riequilibrio.

Non “saranno” ma “dovrebbero”. Ovvero adesso diciamo così ma poi, quanto il contributo è pagato, chi se ne frega di restituirlo? Dopotutto siamo il paesi in cui si paga ancora l’accisa sulla benzina per finanziare la guerra in Abissinia. Ma allora perchè non mettere sul mercato gli immobili dello Stato e li venderli un poco per volta senza mettere nuovamente le mani nel nostro portafoglio?

Secondo Giuseppe Maria Pignataro, autore del libro alla base della proposta Cutrufo, gli effetti quantitativi sarebbero rilevanti.

Traduzione: secondo Giuseppa Maria Pignataro, autore del libro con cui consiglia di curare il mal di testa con un colpo di pistola alla tempia, gli effetti quantitativi sarebbero rilevanti. Rimpiango quasi Barnard.

E ora attenzione, rullo di tamburi per il finale esilarante...

Lo stock del debito scenderebbe a 1.530 miliardi, il 97% del pil; gli interessi sul debito scenderebbero da 105 miliardi a 70 miliardi e si libererebbero tra i 40 e i 60 miliardi da destinare allo sviluppo.

Avete capito? Il contributo draconiano a cui “devono partecipare tutti” non serve nemmeno per mettere i conti in sicurezza (dopo aver distrutto il paese). I “risparmi” ottenuti dalla riduzione degli interessi sul debito sarebbero infatti destinati a nuove spese! 

Esattamente come quando l’ingresso nell’euro aveva permesso al governo italiano di ridurre la spesa per interessi dai 90 miliardi di euro (equivalenti) del 1997 ai 66 miliardi del 2004 (68 miliardi nel 2010). L’occasione  per sistemare il problema del debito pubblico in quel modo c’è già stata ed abbiamo visto com’è andata a finire.

In conclusione, se pensavate che avessimo toccato il fondo, impugnate saldamente una bella pala che c’è molto da scavare.

MMT: Il debito salverà il mondo!


Continuiamo l’esplorazione della Modern Money Theory. Il pezzo che analizzo oggi si occupa di completare il ragionamento iniziato nel post precedente e compiere il passaggio, fino ad ora solo accennato, tra identità contabili e processo causale.

Vediamo le conclusioni 

1) La spesa individuale è determinata per la maggior parte dal reddito. Il nostro punto di partenza riguarderà come il settore privato determina le sue decisioni dis pesa. Per quanto riguarda gli individui sembra plausibile affermare che è il loro reddito a determinare, in larga parte, le loro decisioni di spesa perchè chi non ha reddito si troverà di fronte a vincoli severi quando deciderà di acquistare beni e servizi. Tuttavia, una riflessione che è evidente anche a livello individuale, il collegamento tra reddito e spesa è allentato, uno può spendere meno del suo reddito, accumulando asset finanziari, oppure può spendere di più indebitandosi. Tuttavia, a livello di singoli individui o aziende, la direzione della causalità va dal reddito alla spesa anche se la corrispondenza tra i due flussi non è perfetta. Ci sono poche ragioni per credere che sia la propria spesa a determinare il proprio reddito.

Ma veramente bisogna spendere dieci righe per dire che forse quanto puoi spendere è determinato in larga parte da quanto guadagni? Ed i dubbi devono proprio venir fuori perchè gli individui, che non sono dei robot, non spendono esattamente tutto il loro reddito ma risparmiano o si indebitano?
Ma i teorici della MMT hanno una qualche idea precisa sul perchè gli individui spendono denaro? Non stanno analizzando una vasca da bagno con rubinetto e scarico ma individui che agiscono, fanno piani per il futuro, etc. Studiando l’azione umana diventa logico capire perchè alcuni risparmiano, altri spendono a debito, altri ancora consumano tutto il reddito e non lo spieghi certo con due identità contabili a livello aggregato.

Ma peggiora...

2) I deficit creano la ricchezza finanziaria. Possiamo anche dire qualcosa riguardo la direzione della causalità riguardo l’accumulo di ricchezza finanziaria a livello individuale. Se una famiglia o un’azienda decide di spendere più del suo reddito (facendo deficit), allora può emettere debiti per finanziare le sue spese. Questi debiti saranno accumulati come ricchezza finanziaria netta da un’altra famiglia, azienda o un governo che sta risparmiando. Ovviamente, perchè questo accumulo avvenga, dobbiamo avere una famiglia o un’azienda che sia desiderosa di spendere in deficit, ed un’altra famiglia, azienda o governo che voglia accumulare ricchezza nella forma di titoli di debito di quel particolare individuo che spende in deficit. Possiamo dire che “il tango si balla in due”. Tuttavia è la decisione di spendere a deficit la causa iniziale della creazione di ricchezza finanziaria. Non importa in quanti vogliano accumulare ricchezza finanziaria, non saranno in grado di farlo a meno che qualcuno voglia spendere a deficit.

Potremmo specularmente dire che non importa quanti vogliono indebitarsi, se non c’è nessuno che ti presta i soldi rimani a bocca asciutta, così come puoi avere tutta la fame del mondo ma se il panettiere non ha più pagnotte, dovrai ripiegare su qualcos’altro.
In un mondo senza moneta i concetti di risparmio ed investimento sono facilmente definibili. Ho un campo che produce 100 kg di grano, ne consumo 90 ed uso i 10 risparmiati per la semina (ecco il risparmio che diventa investimento) che mi garantirà 100kg di grano anche il prossimo anno. Se decido di aumentare i risparmi, consumando solo 85Kg di grano oggi, potrò seminare 15kg di grano per aumentare la produzione futura, ad esempio, a 150kg.
Il risparmio, ovvero la rinuncia al consumo oggi, permette l’investimento, cioè la produzione di domani.
Con l’introduzione di una moneta di carta, però, sembra possibile creare il risparmio a partire dall’investimento. Riscriviamo infatti l’esempio precedente immaginando che, in un’economia in cui vi sono anche tanti altri prodotti, la produzione aggregata di grano  sia di 100 tonnellate ed il prezzo sia di 1€/kg. In questo caso l’investimento di 10 tonnellate di grano per la produzione futura è, in termini monetari, di 10000€. Ma il governo stampa 10000€ per acquistare grano da semina abbiamo creato anche il risparmio reale che andrà a sostenere l’investimento? Ovviamente no.
È possibile che il grano destinato al consumo sia stato già venduto e quindi l’unico effetto sarà l’aumento del prezzo prezzo, ma non della quantità, di grano da semina. Èanche possibile che il governo sia ancora in grado di acquistare del grano addizionale, ma questo avverrà a spese dei consumatori (e degli altri investitori privati), che si troveranno con meno potere d’acquisto perchè il prezzo è aumentato oppure saranno costretti ad indebitarsi per mantenere i consumi precedenti.
Quei 10000€ creati dal nulla, che nella MMT sono interpretati come “debito pubblico che crea risparmio privato” sono in realtà un trasferimento di ricchezza reale dal settore privato a quello governativo.

3) La spesa aggregata crea il reddito aggregato. A livello aggregato, considerando l’economia nel suo insieme, il processo causale è più definito. Una società non può decidere di avere più reddito, ma può decidere di spendere di più. In aggiunta, tutta la spesa deve essere destinata a qualcuno, da qualche parte, come reddito. Infine, come discusso precedentemente, la spesa non è necessariamente limitata dal reddito perchè è possibile per le famiglie, le imprese o il governo, spendere più del loro reddito. Infatti, come abbiamo discusso, ognuno dei tre settori può spendere in deficit mentro almeno uno degli altri è in surplus. Tuttavia non è possibile che la spesa a livello aggregato sia differente dal reddito a livello aggregato visto che la somma dei bilanci dei vari settori deve essere zero. Per tutte queste ragioni, dobbiamo invertire la direzione causale tra spesa e reddito quando ragioniamo in termini aggregati: mentre a livello individuale il reddito causa la spesa, a livello aggregato è vero il contrario.

Mentre leggevate queste righe vi è forse venuto in mente il nome di un famoso economist? Ad esempio Keynes? Esattamente, questa infatti è una versione un po’ volgarizzata del keynesismo. Dico volgarizzata perchè a leggere i teorici della MMT parrebbe possibile portare il reddito mondiale a livelli infiniti, risolvere il problema della disoccupazione, insomma renderci tutti ricchi a suon di debito pubblico, subito monetizzato dalla Banca Centrale. Perlomeno Keynes aveva avuto il pudore di scrivere che ad un certo punto, raggiunto il livello di pieno potenziale del PIL, avremmo cominciato ad avere qualche piccolissimo problema di inflazione dei prezzi.
Per commentare un keynesismo volgare, cosa c’è di meglio di una storiella divertente (ed anch’essa un po’ volgare)?

Keynes e Krugman stanno camminando per strada quando vedono per terra delle cacche di cane. Keynes propone a Krugman: “Ti pago 20000 dollari se le mangi.”. Krugman ci pensa un po’, decide che desidera una nuova macchina, si fa coraggio, e si mette a mangiarle. Finito il banchetto i due continuano a camminare e quando Krugman vede con la coda dell’occhio degli altri escrementi, si affretta a proporre a Keynes: “Stessa termini di prima: ti pago io 20000 dollari se te le mangi”. Keynes non si aspettava prima che Krugman accettasse la proposta ed aveva veramente bisogno di quei soldi, per cui accetta. Alla fine Krugman dice a Keynes: “Abbiamo in portafoglio gli stessi soldi di prima ma entrambi abbiamo mangiato merda”. Keynes replica: “Certo, ma abbiamo creato uno stimolo di 40000 dollari al prodotto nazionale”.
Potrei aggiungere che la storiella dimostra anche che un servizio pubblico, come la pulizia dei marciapiedi, può essere svolto in modo efficiente ed a costo zero per il contribuente dal settore privato.
Infine, per concludere in bellezza
4) I deficit di un settone creano i surplus di un altro settore. Prima abbiamo mostrato che i deficit di un settore sono uguali alla somma dei bilanci degli altri settori. Se dividiamo l’economia  in tre settori (pubblico, privato ed estero), allora se un settore è in deficit almeno un altro deve essere in surplus. Come nel caso dell’analisi dei bilanci individuali, “il tango si balla in due” nel senso che un settore non può essere in deficit se nessun altro è in surplus. In modo equivalente possiamo dire che nessun settore può emettere debito se nessun altro settore vuole accumulare titoli di debito. [..] Siccome la la spinta iniziale per avere un deficit di bilancio è un desiderio di spendere più del proprio reddito, la direzione causale va dai deficit verso i surplus e dal debito verso la ricchezza finanziaria. Anche se dobbiamo riconoscere che nessun settore può essere in defict a meno che un altro sia in surplus, questo di solito non è un problema perchè esiste una propensità ad accumulare asset finanziari. Ovvero c’è un desiderio di accumulare ricchezza finanziaria che, per definizione, è il debito di qualcun altro.

È sempre la stessa storiella già raccontata. Il settore privato vorrebbe tanto accumulare ricchezza finanziaria ma per farlo  ha bisogno che qualcun altro si indebiti, il governo. Siccome di solito questo desiderio è continuo ed insaziabile, il compito del governo è allora quello di emettere deficit per placare questa fame infinita di ricchezza finanziaria. Nel farlo, poi, si ritrova con tanti bei soldi da spendere con cui creare posti di lavoro e costruire infrastrutture per cui il governo è un benefattore! Tutti in piedi a far la ola per Barnard? 

Fermiamoci un secondo!

Abbiam detto che qualsiasi divisione in settori va bene per questa analisi, ve ne propongo una ad hoc.
Dividiamo l’Italia in tre settori: quello estero che per semplicità analitica consideriamo in pareggio, quello composto soltanto da me ed infine quello composto da tutti gli altri Italiani.
Per definizione abbiamo il bilancio del resto d’Italia sommato al mio bilancio deve fare zero. Quindi, se il resto dell’Italia vuole arricchirsi finanziariamente (e sappiamo che è spinta a farlo da un desiderio irrefrenabile) io mi devo indebitare. Ce lo dice quell’identità contabile.
Perfetto, come benefattore pubblico, poichè voglio placare la vostra insaziabile fame di ricchezza finanziaria, decido di emettere tanti bei pagherò ed indebitarmi verso di voi. In questo modo la ricchezza finanziaria del resto dell’Italia aumenta mentre io avrò un po’ di soldi da spendere per fare shopping in giro.
Diciamo che mi indebito per.. dieci o venti miliardi di euro (siete proprio avidi di ricchezza!) con cui mi compro gioielli, automobili di lusso, etc. che poi trasferisco ai Caraibi. La nostra bilancia dei pagamenti finanziari rimane identica, quindi, mentre io mi indebitavo, voi avete accumulato ricchezza finanziaria, dovreste essere contenti e costruirmi una statua!

Solo che, un bel giorno, sparisco dalla circolazione e non ripago i miei debiti.

E da un paese Caraibico in cui non esiste l’estradizione verso l’Italia, sorseggiando un ottimo mojito sulla mia nuova Ferrari fiammante, vi mando una copia regalo dell’ultimo best seller di Paolo Barnard sulla MMT.