Se non ora... quando?

In questi giorni di “attacco” all’Italia, da più parti si è lanciato l’appello per un governo di unità nazionale o alternativamente per un governo tecnico, che si faccia carico di riforme impopolari, riduca la spesa pubblica e tranquillizzi i mercati prima che la “speculazione” ci colpisca ancora più duramente. L’idea è che un governo politico “normale” non potrebbe mai approvare questi provvedimenti perchè correrebbe il rischio, assai concreto, di trovarsi poi punito in una consultazione elettorale successiva.
Ora, che un governo “di responsabilità nazionale”, formato dagli stessi personaggi che negli ultimi anni hanno sfruttato i bassi tassi di interesse sul debito concessi dall’ingresso nell’euro non per risanare i conti pubblici ma per dilatare ulteriormente la spesa, riesca ora a fare le tanto agognate “riforme”, mi sembra tanto un wishful thinking degno di quello dei liberali che si ostinano ad appoggiare il Pdl e sognare una “rivoluzione liberale” nonostante 17 anni di delusioni e prese in giro.
Questi politicanti, che tanto bene hanno saputo “vivere alle spalle di tutti gli altri”, parafrasando Bastiat, non solo non hanno la volontà ma nemmeno le competenze per salvare questo paese dal baratro in cui l’hanno cacciato.
La soluzione è un governo tecnico quindi? Magari nominato dal Presidente della Repubblica ed appoggiato esternamente da tutte le forze politiche?
L’idea di un governo degli ottimati o di un dittatore illuminato che, come Cincinnato, lasci il suo orticello per salvare la Patria e poi se ne torni a casa finito il lavoro è tanto romantica quanto ingenua. Nessun governo sarà mai solo “tecnico” - nel decidere la direzione verso la quale indirizzare le riforme, si compie necessariamente una scelta politica - ed è bene che gli elettori siano consapevoli di quali idee politiche siano promotori. Vi fidereste poi voi di “tecnici” che fino a qualche anno fa dicevano di non preoccuparsi del debito pubblico perchè non ve ne era motivo? Oppure che dichiaravano che l’Italia avrebbe “sofferto meno” degli altri e ne sarebbe uscita prima? Io no! Senza contare i “tecnici” che arrivano direttamente dai Consigli di Amministrazione delle grandi banche d’affari, faranno gli interessi degli Italiani o dei loro ex datori di lavoro?
Perchè le riforme funzionino bisogna che a decidere di farle siano, in primo luogo, gli italiani. Serve quindi che siano raccolte ed organizzate in un programma chiaro, preciso, ben articolato ed in un certo senso rivoluzionario.
Una norma della Costituzione afferma che i rappresentanti eletti non hanno vincolo di mandato. Questa volta abbiamo invece bisogno di persone che siano vincolate (volontariamente) al programma che sono tenuti a realizzare per poi mettersi da parte. Perché? Per evitare le tentazioni di cui è stata vittima la Lega ad esempio, che da formazione politica di rottura e rivoluzionaria si è trasformata in un poltronificio: Roma sarà anche ladrona ma è tanto comoda la poltrona!
Un programma preciso quindi, ma quale? E soprattutto perchè la gente dovrebbe votare per un movimento politico che vuole attuare riforme che tutti giudicano impopolari?
Ritengo che un messaggio di libertà possa essere ancora oggi politicamente vincente, ma solo se a due condizioni:
  • Liberarsi da tutti (e intendo proprio tutti) quei personaggi che negli ultimi 17 anni hanno sventolato in pubblico la bandiera della libertà per poi servire interessi corporativi. Piazza pulita delle vecchie facce, solo gente nuova
  • Il processo di liberalizzazione deve essere generale e colpire tutte le corporazioni: è più facile accettare di perdere dei privilegi se anche tutti gli altri li perdono.
Allo stesso modo una riduzione sostanziale delle spesa pubblica può essere non solo accettata ma anche accolta con favore se:
  • I primi a subire i tagli sono i politici. Diminuire il numero di deputati e senatori, eliminare pensioni e vitalizi vecchi e nuovi, i rimborsi elettorale e legare gli stipendi di parlamentari, consiglieri regionali, etc. al reddito procapite: se l’Italia cresce anche il parlamentare prende di più, in caso contrario gli si riduce lo stipendio. E i cosiddetti diritti acquisiti? Se si toccano i diritti acquisiti di milioni di pensionati non vedo perché quelli dei parlamentari debbano essere considerati sacri ed inviolabili.
  • Vengono eliminati tutti quegli enti inutili che servono soltanto a garantire un cadreghino agli “amici degli amici” come le province, le comunità montane, quelle collinari, etc. Vengono accorpati, perlomeno per quanto riguarda l’amministrazione, i comuni al di sotto dei 5000 abitanti.
  • Si evitano, per quanto possibile, i tagli a tutte quei servizi forniti dallo Stato che sono considerati “essenziali”, in primis sanità ed istruzione. Piuttosto facciamo prima rientrare tutti i nostri soldati impegnati in “missioni di pace” in giro per il mondo.
  • Si riducono le tasse, specialmente quelle che gravano su imprese e lavoratori
Le cose da fare certamente molte non possono essere riassunte in poche righe (ne ho sicuramente dimenticate molte). Deve però essere chiaro lo spirito che le deve animare, lo spirito che permea le opere di Locke, Bastiat, Spencer ed Hayek: meno Stato, più libertà.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Bentornato...
sostanzialmente d'accordo come sempre, ma volevo solo fare una piccola riflessione sulla questione abolizione province.... ma non sarebbe meglio piuttosto abolire le regioni che è sono un ente intermedio che consente ai politici la gestione di risorse più ingenti lontano dagli occhi dei cittadini? A occhio mi sembrerebbe anche più facile (a parte le ovvie resistenze dei poltronati)

Anonimo ha detto...

Quando ho visto nella lista dei feed un tuo nuovo post, quasi non ci credevo:)

Ashoka ha detto...

Grazie "anonimi" :) Boh ogni tanto se riesco magari scrivo qualcosa. Meglio abolire le province che son più di 100 che le 20 regioni immagino. :-P