Come sempre il trucco è nella semantica, perchè le parole, non dimentichiamolo mai, sono molto importanti. Nel romanzo 1984 di Orwell, gli alti funzionari del Socing avevano inventato la neolingua come strumento per limitare la capacità di elaborare un pensiero critico e libero: eliminando certe parole si eliminavano anche le idee corrispondenti.
Le neolingua moderna, figlia del politically correct, agisce diversamente e punta invece a costruire false associazioni di idee e suscitare determinate emozioni. Ad esempio non si elimina dal vocabolario il significato della parola “libertà” ma lo si ripete alla nausea in determinati contesti (Casa delle libertà, forum delle libertà, popolo delle libertà, etc.) fino a quando la massa non può fare a meno di associare, pavlovianamente, quel termine alla figura di Berlusconi.
Ma è una tecnica bipartisan e con lo stesso automatismo siamo portati ad associare il termine “liberismo” alle politiche corporativiste delle amministrazioni Bush, negli Stati Uniti, e Berlusconi, in Italia, e sostenere che il pensiero che fu di Einaudi ha oggi il suo principale interprete nel Ministro Tremonti.
Così quando in agosto i titoli di debito pubblico dello stato italiano sono stati “attaccati” dagli speculatori ed il loro rendimento è salito, ci siamo sentiti tutti automaticamente vittime. Lo Stato “siamo noi” e se attaccano “i titoli di Stato” allora attaccano i nostri risparmi! Poco importa che magari, qualche mese prima, ci lamentavamo al bar di quanto poco rendessero i bot, evocando una presunta età dell’oro in cui il tasso di interesse era al 15%.
“Attaccano i nostri risparmi! Dobbiamo difenderci! Dagli allo speculatore!”
Giungeva però poco dopo il soccorso della cavalleria. La BCE si offriva di comprare i nostri titoli a un prezzo di favore ma a condizione che si effettuassero tutta una serie di interventi, contenuti in una misteriosa lettera firmata da Claude Trichet e dal suo successore Mario Draghi.
Qui la confusione si è fatta totale: tra spread, default più o meno controllati e ricapitalizzazioni ci siamo trovati in balia di parole di cui non conoscevamo appieno il significato e quindi, in assenza di altri meccanismi interpretativi, non abbiamo potuto far altro che affidarci alle “lezioni” di un qualche maestro, che magari puntasse il dito verso quelli che istintivamente individuavamo come colpevoli, e alla reazione pavloviana che alcune parole “chiave”, le poche che comprendevamo, suscitavano nel nostro animo.
Partiamo da quest’ultimo aspetto. Dall’estero si dice che la crisi del debito pubblico italiano è dovuta al fatto che “avevamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità” e che ora dovevamo applicare una politica di austerità per risanare i conti pubblici e ripagare il debito.
La parola austerità ha un significato ben preciso, specialmente in Italia, ed evoca la necessità di consumare di meno, di fare dei sacrifici, di “tirare la cinghia” insomma. Poiché “lo Stato siamo noi”, o almeno questa è la prima associazione che ci viene in mente quando diciamo “Stato”, quei sacrifici li avremmo dovuti sopportare noi, sotto forma di nuove tasse e tagli al wellfare (che significa “benessere”, come si può voler tagliare il benessere? ).
Ma come ha fatto lo Stato italiano ad accumulare un debito di 1900 miliardi di euro (nel 2000 erano 1300 miliardi) quando l’opinione comune è che in questi dieci anni di governo (quasi sempre) berlusconiano si sia via via smantellato lo stato sociale?
Ed ecco le lezioni dei maestri che lo spiegano.
Sono state le banche che hanno indebitato gli Stati, richiedendo salvataggi per migliaia di miliardi! Lo Stato si è accollato il loro debito ed ora sono gli stessi banchieri a chiederci di fare macelleria sociale per ripagarlo! Dobbiamo tagliare la spesa a Sanità ed Istruzione per ripagare il debito ai banchieri?
In sintesi il ragionamento è più o meno questo. Il debito lo hanno fatto “loro”, ovvero i banchieri con le loro speculazioni fallimentari, ed è stato preso in carico dallo Stato, cioè da noi, per salvarli. Ora questi stessi banchieri ci chiedono di tagliare il wellfare, ovvero la spesa per il nostro benessere, per ripagare questo debito verso di “loro”.
Soluzione: il debito non lo paghiamo, lo facciano evasori e i ricchi, mentre invece aumentiamo la spesa per il wellfare e diamo un reddito garantito a tutti! Ecco spiegati gli Indignados.
Il problema è che, tolte le associazioni pavloviane e i (cattivi) insegnamenti dei maestri, le cose non sono andate affatto così.
Innanzitutto il debito italiano, ma anche quello di Grecia, Spagna e Portogallo non sono stati originati da salvataggi e nazionalizzazioni di banche in difficoltà ma da decenni di spesa allegra e senza controllo.
Non è nemmeno vero che la spesa pubblica è stata ripetutamente tagliata da questo e dai precedenti governi: è anzi sempre aumentata, così come anche le entrate tributarie (ricordate lo slogan “pagare tutti per pagare meno” ? La realtà è diversa). Allo stesso modo sono sempre aumentate sia la spesa per l’istruzione che la spesa sanitaria, anche se con trend di crescita inferiori rispetto alla spesa aggregata.
Se c’è una percezione di “diminuzione del welfare” allora i problemi sono altri e non è pompando altri soldi (quelli sì nostri!) nel buco nero della spesa pubblica che li si risolve: lo Stato spende circa il 50% della ricchezza prodotta in Italia, come possiamo definire questo governo iperliberista?
Dobbiamo rimettere insieme il significato “vero” di quelle parole scritte in precedenza per capire veramente dove sia il problema.
Quasi si parla di austerità ci si riferisce quindi al governo, non ai cittadini. Ripensando il ruolo dello Stato e tagliando tutte quelle spese improduttive (grandi opere, missioni di pace, sussidi alle imprese, spese per la “casta”, etc.) si può tagliare in maniera efficacie la spesa senza fare “macelleria sociale”. E’ lo Stato che deve tirare la cinghia!
Il debito poi non è saltato fuori dal nulla né è frutto del salvataggio delle banche italiane: è stato creato da decenni di spesa pubblica attuata da politici di ogni schieramento che hanno sempre pensato al breve termine (le prossime elezioni) e mai al futuro (chi lo ripagherà questo debito?) perchè tanto, come diceva Keynes, nel lungo periodo saremo tutti morti). Prima di chiedere un default allora ragioniamo se qualcuno dei titoli di stato che vogliamo stracciare non è per caso in portafoglio ai nostri genitori (il 50% è detenuto da soggetti italiani) e come reagirebbero gli investitori esteri. Non è bello vedere evaporare i propri risparmi e chi aveva investito in tango bond lo sa bene.
Chi presterebbe più denaro al governo italiano dopo un default da 1900 miliardi di euro?
4 commenti:
Semplice, chiaro e efficace.
Chapeau! :)
Eccellente.
Ora che abbiamo in mano questa spiegazione lineare, possiamo schiaffarla sulla fronte del "professor" Sapelli. Oltre a mostrare un dogmatismo Keynesiano senza pari, possiamo osservare come sia facile tirare lo sciacquone per alcuni eventi storici: uno a caso, i bassi tassi di cui hanno goduto i PIIGS all'entrata nell'euro.
Bene, Bravo, Bis!!!
La verità è semplice.
Grazie Ashoka.
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