Da un po’ di
tempo a questa parte è in atto una strana disputa tra chi vede nel futuro un’inflazione
dei prezzi e chi invece sostiene che non bisogna affatto preoccuparsi del costo
della vita perchè ci aspetta una dolorosa deflazione da credit crunch. I secondi, nonostante tutti gli indici dei prezzi
dei paesi occidentali siano perennemente in aumento, tendono poi ad attaccare,
con una certa supponenza ed aggressività, chi “osa” sostenere che stampare
moneta farà aumentare i prezzi. Dopotutto la Fed ha triplicato la base
monetaria e negli Stati Uniti non c’è iperinflazione, quindi perchè
preoccuparsi?
L’equivoco,
perchè di questo si tratta, è come spesso accade semantico. La frase che ha
scatenato la reazione inphastidita, in una precedente versione di questo
articolo, era:
«Stampare più
moneta significa automaticamente un aumento dell’inflazione»
Sul termine “automaticamente”
e sulla differenza tra base monetaria e offerta di moneta si basa quindi la
replica stizzita. Ovviamente la risposta è giusta, i prezzi non aumentano automaticamente ed in modo uniforme
quanto si stampa moneta, e c’è differenza tra base monetaria ed offerta di
moneta (sia che consideriamo M1 oppure M2), ma sbagliate sono le conseguenze
che si vogliono trarre, ovvero che se la BCE si decidesse a stampar denaro e
monetizzare i debiti sovrani si risolverebbe il problema euro senza (quasi)
nessuna ripercussione.
Per comprendere il
perché di questa affermazione dobbiamo però aprire una piccola parentesi
teorica e spiegare qual è la teoria monetaria alla base del discorso
precedente.
La
teoria quantitativa della moneta
Normalmente si dà
credito a John
Locke per aver proposto per primo la teoria quantitativa
della moneta ma la sua forma più conosciuta
è quella che ha codificato Irving Fisher all’inizio del secolo scorso.
(1) M*V=P*Q
Vediamo da dove deriva
e poi discutiamo del significato dei vari termini.
Immaginiamo al mercato
con un biglietto da 5 euro e lo utilizziamo per comprare 5 mele al prezzo di 1€
ciascuna. La transazione si può descrivere in due modi equivalenti:
- Un biglietto da 5 euro passa da me al fruttivendolo
- 5 mele al prezzo di 1€ ciascuna passano dal fruttivendolo a me
Riscriviamo queste
due proposizioni come una equivalenza:
(2) 1 biglietto da 5 euro = 5 mele al prezzo di un euro/mela
Ora immaginiamo che il
fruttivendolo utilizzi lo stesso biglietto da 5 euro per comprare 2 kg di
patate dal verduriere, al prezzo di 2,5 euro al Kg.
(3) 1 biglietto da 5 euro = 2 kg di patate al prezzo di 2,5€/Kg
Sommiamo la (2) con la
(3) ed otteniamo
(4) 1 biglietto da 5 euro usato 2 volte = 5 mele al prezzo di 1€/mela + 2 Kg di patate al prezzo di 2,5€/Kg
Immaginiamo ora di fare
la stessa cosa per tutti gli scambi che avvengono in una determinata nazione e
sommare i risultati. Otterremo la seguente identità:
A questo punto possiamo
facilmente risalire alla (1) chiamando al primo membro
- M la massa monetaria
- V la velocità di circolazione della moneta, ovvero quante volte in media una banconota/moneta passa di mano in una transazione
- Q l’indice del valore reale delle transazioni effettuate. A volte al posto di Q si utilizza Y ovvero il prodotto nazionale lordo
- P il livello generale dei prezzi
Fin qui niente di
strano o controverso, abbiamo scritto una identità contabile, aggregato i
termini e poi li abbiamo ridefiniti. In quanto identità contabile non c’è nessuna causalità tra M,V,P e Q. Si
tratta semplicemente di una fotografia degli scambi monetari effettuati in un
certo luogo durante un certo periodo di tempo.
A questo punto però
alcuni economisti hanno iniziato a porre delle condizioni sui termini,
considerare l’identità come equazione e utilizzarla per fare previsioni.
Ad esempio i monetaristi
pensano che la velocità di circolazione sia prevedibile e che quindi la si
possa considerare come una costante e che la produzione reale non sia
influenzata dalle variabili monetarie e sia quindi costante nel breve periodo.
A questo punto
(purtroppo) diventa facile assumere una relazione automatica e lineare tra la
quantità di moneta M ed il livello dei prezzi P:
“Se la quantità di
moneta aumenta del 10% ed il PIL non cresce allora avremo una inflazione dei
prezzi del 10%”
Questa affermazione è
“pericolosa” anche se in prima battuta sembrerebbe associabile al semplice
buonsenso.
É infatti corretto
affermare che se si stampano soldi e si aumenta la moneta in circolazione
allora, prima o poi, aumenteranno
anche i prezzi, ma legare le due cose in forma matematica ed automatica fa
perdere di vista il processo causale con cui l’aumento della moneta farà effettivamente aumentare i prezzi.
È molto importante
capire chi riceverà la nuova moneta, come la spenderà ed in quanto tempo.
Inoltre va considerato qual è il sentiment
di banche e consumatori, quali sono le aspettative per il futuro, etc. Tutti
elementi che in quella relazione spariscono.
Inoltre pensare di
poter legare meccanicamente il livello dei prezzi al PIL ed alla massa
monetaria, può suggerire ai banchieri centrali di tentare di “stabilizzare” il
tasso di inflazione (dei prezzi), agendo dal lato dei rubinetti monetari. Se il
PIL cresce ad un ritmo del 3%, ragionano questi economisti, allora la massa
monetaria deve crescere almeno
altrettanto, in modo da evitare accuratamente la deflazione dei prezzi;
anzi, meglio se si riesce ad ottenere un po’ di inflazione, magari fissando un target vicino al
2%.
Non è un caso se le due
crisi economiche più devastanti dell’età contemporanea sono state precedute da
un decennio in cui si riteneva che gli obiettivi di “stabilità dei prezzi”
fossero stati rispettati.
Torniamo ora all’inizio.
Perchè nell’articolo si
diceva che aumentare la moneta farà aumentare automaticamente i prezzi? La
risposta è semplice, l’autore teneva costanti V e Q e quindi ogni aumento di M
veniva trasferito proporzionalmente su P.
Perchè l’inphastidito
rispondeva stizzito? Perchè ipotizzava una V in diminuzione e quindi immaginava
che aumentando M il prodotto M*V rimanesse costante.
Come avviene dunque l’aumento
dei prezzi quando si stampa moneta? Per descrivere il processo, perchè di
questo si tratta, vorrei riciclare, perdonatemi, una storiella utilizzata
qualche anno fa.
Inflazione
al mercato
Immaginiamo che Giorgio l'ortolano si
rechi al mercato rionale per vendere le sue patate. Dall'esperienza delle
settimane passate sa che fissando il prezzo a 2 euro il Kg riuscirà a vendere
tutti e 15 i Kg di patate che ha portato con sé.
In piazza ci sono Anna, Beatrice e Carla
che sono scese per fare la spesa: ognuna ha deciso di destinare 10 euro
all'acquisto di patate dall'ortolano. Passa prima Anna e ne compra 5
kg, poi Beatrice fa lo stesso ed infine, nella tarda
mattinata è il turno di Carla, che acquista gli ultimi 5
kg.
La settimana seguente il prezzo delle
patate è sempre di 2 euro ma nel frattempo è successo qualcosa. Anna ha infatti
sposato un bravissimo falsario ed ora può destinare all'acquisto di patate 20
euro, di cui 10 falsi.
All'apertura del mercato Anna acquista
subito 10 Kg
di patate e se ne va. Quando poco dopo giunge Beatrice e compra gli ultimi 5
chili Giorgio si ritrova senza più mercanzia. Siamo solo a metà mattinata e le
patate sono già state tutte vendute: non c'è più nulla per Carla, che torna a
casa a mani vuote.
Nei giorni seguenti Giorgio ragiona tra
sé e sé: “Poiché non posso portare al mercato più di 15 chili di patate e dal
momento che a 2 euro le ho vendute tutte subito, potrei provare ad aumentare il
prezzo!”
Detto, fatto. La settimana successiva il
prezzo delle patate è di 2 euro e cinquanta al chilo.
Come al solito passa Anna con i suoi 20 euro, con i quali ora può acquistare solo 8 kg di patate, seguita da Beatrice e Carla, le quali si dividono a metà gli ultimi 7 chili, pagando 8 euro e 75 centesimi a testa.
Come al solito passa Anna con i suoi 20 euro, con i quali ora può acquistare solo 8 kg di patate, seguita da Beatrice e Carla, le quali si dividono a metà gli ultimi 7 chili, pagando 8 euro e 75 centesimi a testa.
Giorgio l'ortolano se ne torna a casa
con 37.5 euro, sette e mezzo in più della settimana precedente.
Che cosa ci insegna questo breve aneddoto esemplificativo?
Che cosa ci insegna questo breve aneddoto esemplificativo?
- I primi a ricevere la moneta nuova incrementano il loro reddito a spese di chi la moneta non la riceve: Anna riesce in un primo tempo ad acquistare i prodotti al “prezzo vecchio” ed anche dopo l’adeguamento dei prezzi può comprare più patate di quanto riuscisse a fare in partenza (+3 Kg) , il tutto a spese di Carla e Beatrice (-1,5 Kg a testa).
- Il prezzo aumenta in seguito ad un incremento della domanda
Giorgio non aumenta il prezzo delle
patate perché è un negoziante cattivo e speculatore ma lo fa in seguito ad un
aumento della domanda di patate innescata dai dieci euro falsi di Anna. Un
eventuale intervento governativo volto a calmierare il prezzo non farebbe altro
che peggiorare
la situazione (nel cap. XII dei Promessi Sposi Manzoni ne dà una splendida
descrizione)
- I prezzi non vengono adeguati in modo istantaneo ed uniforme
Trascorre del tempo tra l’introduzione
della moneta nuova e l’aumento effettivo dei prezzi e questi ultimi non
aumentano in modo uniforme. Vediamo perché:
Siamo sempre al mercato e stavolta ci
occupiamo di Dario il macellaio.
Anna è vegetariana, Carla e Beatrice
spendono ogni settimana 10 euro per comprare del filetto ed a fine giornata
Giorgio l’ortolano destina un terzo dei suoi ricavi (10 euro) all’acquisto di
carne.
Immaginiamo che la prima settimana il
prezzo della carne sia di 10 euro al Kg e che Dario abbia in negozio 3
Kg di carne, che vengono tutti venduti. Per tre settimane
tutto continua come prima fino alla sera della quarta settimana, quando Giorgio
arriva in negozio con 13 euro (ne ha incassati 37,5) e vorrebbe acquistare
della carne che però non c'è.
Che cosa accadrà la settimana seguente
al prezzo della carne?
Dario lo aumenta ad 11 euro al
chilogrammo! Tra l'altro sua moglie Laura sì era lamentata con lui per
l’"immotivato" aumento del prezzo delle patate....
Col passare del tempo, man mano che la
nuova moneta “circola” nell'economia, vi sono adeguamenti nei prezzi di tutti i
beni (ed eventualmente anche nei salari), ma in tempi ed in modalità diverse:
la settimana successiva all'introduzione dei 10 euro falsi il prezzo delle
patate è aumentato del 25% mentre quella seguente è toccato alla carne
rincarare del 10%.
L’effetto globale è proprio quello di un
aumento continuo e generalizzato dei prezzi e dei salari accompagnato da un trasferimento
di ricchezza reale dagli ultimi a “ricevere la moneta nuova” (i salariati
il cui stipendio aumenta solo alla fine) verso i primi ad utilizzarla.
Perchè non c’è iperinflazione negli Stati Uniti?
In conclusione vediamo di
capire perchè l’intervento della Fed nel monetizzare i titoli tossici delle
banche americane non ha portato ad un aumento vertiginoso dei prezzi. La
risposta è che gli istituti di credito stanno tesaurizzando quella moneta, mantenendola
in forma liquida come conto di riserva presso la Federal Reserve: non si fidano
le une delle altre, temono un futuro di stagnazione economica e pertanto non
prestano.
Anna prende i soldi falsi
dal marito e li tiene sotto il materasso, almeno per il momento. Ma quando si calmeranno
le acque e deciderà ad andare al mercato e spendere quei soldi, come farà Ben a fermarla?
4 commenti:
Ciao,
condivido il tuo ragionamento e l'ho sempre pensato, anche se non ho studiato economia che l'equazione di Fisher era stata interpretata malissimo dai nostri "governanti".
Comunque, sul finale secondo me c'e' una eccessiva semplificazione che andrebbe approfondita. Quei soldi dovrebbero rientrare nel circolo finale, quindi quello dove si puo' spenderli, attraverso emissine di debito. Non ti sembra che si sia gia' raggiunto un limite in tal senso?
Ciauz, probabilmente ci dedicherò un post, solo che ieri era tardi e volevo pubblicarlo e andare a dormì :-P
Ti consiglio questo articolo inteessante su come la FED e la BCE definiscano l'inflazione:
http://rwer.wordpress.com/2011/12/16/defining-inflation-remarkable-differences-between-the-ecb-and-the-fed/
MAGISTRALE
Bravissimo Marco
Sick boy
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