L’implacabile lotta di Phastidio.net contro gli
AAA (e non mi riferisco ai giudizi delle agenzie di rating ma agli Austerici
Austriacanti Austriaci), continua senza sosta, oggi tocca a Stefan Karlsson.
Di fronte
alla persistente assenza di iperinflazione (o anche solo di inflazione, a dirla
tutta), Stefan Karlsson, economista svedese di scuola
Austriaca, giunge
ad una puntualizzazione assai preziosa per tutti quelli che proprio non
riescono a capire la differenza tra base monetaria ed offerta di moneta, come
abbiamo potuto sperimentare tempo addietro
davanti alle sdegnate email dei fedeli austriacanti che vedono inflazione
dietro ogni angolo di strada.
Ricordiamo che i fedeli
austriacanti vedono l’inflazione dietro l’angolo se la BCE deciderà di monetizzare i debiti dei paesi periferici
dell’area Euro che sono in difficoltà nel piazzare i propri titoli e/o
rischiano il default.
Che ci sia certa gente a cui non va giù che la BCE stampi qualche trilione di euro per comprare
i bond dei paesi PIGS e contemporaneamente ripulisca
i bilanci delle banche che li hanno in portafoglio, è intollerabile per
Phastidio! Casualmente, ma vi
assicuro è solo un caso, chi tanto si inphastidisce
se non si salvano le banche, poi lavora in una di quelle messe peggio riguardo
il debito italiano, ma, ripeto, è solo un caso. O forse no, dopotutto Phastidio
augurava a tutti gli altri di perdere
il lavoro, quindi...
Ma torniamo a noi. Il blogger di MPS si “stupisce”
che un economista austriaco come Stefan Karlsson conosca la differenza tra base
monetaria e offerta di moneta. Il problema di Karlsson
è spiegare a Krugman
che, secondo la teoria austriaca, l’iperinflazione (dei prezzi) non è una
diretta ed automatica conseguenza di un
aumento della base monetaria.
Scrive
dunque Karlsson:
«L’analisi
monetaria Austriaca non solo non dice ma, per quanto ne so io, non ha mai detto che aumenti nella base monetaria creano
direttamente inflazione da prezzi. E’ solo indirettamente, nella misura in cui
essa [la base monetaria, ndPh.] aumenta l’offerta di moneta, che ciò avrà un
qualche effetto. E mentre l’offerta di moneta è aumentata negli ultimi anni,
l’aumento è stato molto inferiore a quello della base monetaria»
«E anche
se alcuni Austriaci talvolta si esprimono come se una maggiore offerta di
moneta determinerà necessariamente l’aumento dei prezzi, ciò non è
necessariamente vero, se anche la domanda di moneta si innalza»
Il caro Phastidio non si capacita di leggere “domanda”
ed “offerta” di moneta, ha un sussulto... ma come?
Incredibile, non trovate? Un Austriaco
che conosce la distinzione tra base monetaria ed offerta di moneta. Ma
non finisce qui: un Austriaco pienamente consapevole del fatto che il prezzo di
un bene, di qualsiasi bene, si forma all’intersezione tra domanda ed offerta:
Aspetta un attimo: “aumento della
domanda di moneta”, hai detto? Ma la domanda di moneta non si innalza
in modo massimo, giungendo all’accaparramento (hoarding) durante le
situazioni di trappola
della liquidità, uno dei capisaldi del keynesismo? No, è impossibile che un
Austriaco usi un concetto keynesiano per puntellare una propria dissonanza
cognitiva. O no?
La risposta, caro Phastidio, è no, non si usa un
concetto keynesiano e mi verrebbe da dire che certi consigli, che si danno agli altri,
sarebbe utile seguirli in prima persona.
In un precedente post ho spiegato come mai gli
austriaci non seguono la teoria
quantitativa della moneta e non considerano la moneta neutrale nemmeno sul
lungo periodo.
Scrive Mises
«[La teoria quantitativa
della moneta] è un’applicazione della teoria generale della domanda e dell’offerta
riferite al caso speciale della moneta. Il suo merito consisente nel tentativo
di spiegare come viene determinato il potere d’acquisto della moneta utilizzando
lo stesso ragionamento impiegato per spiegare tutti gli altri rapporti di
scambio. Il suo difetto è invece quello di essere una interpretazione olistica.
Guarda al totale dell’offerta di moneta di una comunità e non alle azioni degli
individui e delle imprese. Una conseguenza di questo punto di vista erroneo è l’idea
che prevalga una proporzionalità tra le variazioni della quantità totale di
moneta ed i prezzi monetari dei beni. Ma i suoi critici non riuscirono a tirar
fuori gli errori inerenti nella teoria quantitativa e sostituirla con una più
soddisfacente. Non cercarono di combattere quello che era sbagliato nella
teoria ma attaccarono, al contrario, il suo nucleo di verità. Il loro
intento era di negare che ci fosse una relazione causale tra i movimenti della
quantità di moneta e quelli dei prezzi. Questo
loro rifiuto li imprigionò in un labirinto di errori, contraddizione e nonsenso»
e conclude
«La
teoria monetaria moderna prende il testimone lasciato dalla tradizionale teoria
quantitative, partendo da dove riconosce che i cambiamenti nel potere d’acquisto
della moneta devono essere trattati secondo i principi applicati a tutti gli
altri fenomeni di mercato e che esiste una connessione tra le variazioni nella domanda
e nell’offerta di moneta da una parte ed il potere d’acquisto di quest’ultima
dall’altra»
La teoria austriaca della moneta viene elaborata
da Mises nel 1912 con la sua prima opera: La Teoria della
Moneta e del Credito ( Theorie des
Geldes und der Umlaufsmittel ), che Rothbard descrive così:
«La
visione meccanicistica di Fisher delle relazioni automatiche tra la quantità di
moneta e il livello dei prezzi, delle “velocità di circolazione” e dei
“rapporti di scambio” fu definitivamente demolita da Mises a favore
di una applicazione della teoria marginale di utilità integrata alla domanda e
offerta di denaro stesso.
Nel caso
di specie, Mises mostrò chiaramente che, così come il prezzo di ciascun bene
era determinato dalla quantità disponibile e dalla intensità della domanda del
consumatore per quel bene medesimo (basata sulla sua utilità marginale) così
anche il “prezzo” o potere d’acquisto dell’unità di moneta veniva determinato
dal mercato seguendo le stesse modalità. La
domanda di moneta è una domanda per detenere contante (nel proprio
portafoglio piuttosto che in banca, da poter spendere, prima o poi, in beni
utili e servizi). L’utilità marginale
dell’unità di moneta (il dollaro, il franco o l’oncia d’oro) determina l’intensità della domanda di
denaro contante; l’interazione tra la quantità di moneta disponibile e la
domanda della stessa determina invece il “prezzo” del dollaro (cioè la quantità
di beni che il dollaro può comprare). Mises condivise la “teoria quantitativa”
classica: un aumento nell’offerta di dollaro o di once d’oro porta alla
diminuzione del suo valore o “prezzo” (porta cioè a un rialzo nei prezzi di
altri beni e servizi); tuttavia, egli riformulò in modo considerevole questa
primordiale teoria e la inserì nel contesto delle generali analisi economiche.
Mises dimostrò che questa relazione è appena proporzionale: un aumento nell’offerta di denaro tenderà
ad abbassarne il valore, tuttavia in quale percentuale ciò si verifichi, nel
caso si verifichi realmente, dipende tuttavia da cosa succede all’utilità
marginale di denaro, quindi dalla domanda di contante. Inoltre Mises
dimostrò che la “quantità di moneta” non aumenta di colpo: il flusso di moneta
viene iniettato in un dato momento nel sistema economico e i prezzi aumentano
solo quando la nuova moneta si diffonde capillarmente in ogni settore
dell’economia. Se il governo stampa nuova moneta e la spende diciamo in graffette,
non avremo solo un semplice aumento del “livello di prezzo” come asseriscono
gli economisti non Austriaci, ma avremo un aumento prima del reddito dei
produttori di graffette e dei prezzi delle graffette quindi in seguito dei
prezzi dei fornitori dell’industria delle graffette e così via. In tal modo un
aumento dell’offerta di moneta porta a una variazione dei prezzi perlomeno
temporanea e può anche portare a una variazione permanente dei redditi.»
Vediamo invece cosa scriveva Keynes nel 1936, con la
sua teoria monetaria della preferenza per la liquidità.
Scrive Keynes:
«La preferenza temporale di
un individuo richiede due set di decisioni distinte per essere portata a termine.
La prima concerne quell’aspetto della preferenza temporale che ho chiamato la
propensità al consumo, che, operando sotto l’influenza di vari motivi che ho
descritto nel Libro III, determina per ogni individuo quanta parte del suo
reddito vorrà consumare e quanta parte vorrà riserva sotto forma di “comando su
consumi futuri”.»
Quindi, quando gli individui ricevono un reddito,
per prima cosa decidono quanto allocare ai consumi e quanto “non spendere”. Successivamente
sono messi di fronte ad un’altra decisione:
«In quale forma vuole detenere questo “comando”
sui consumi futuri che ha messo da parte, dal suo reddito o da risparmi precedent.
Vuole detenerlo nella forma di immediato, liquido comando (moneta o suo
equivalente)? Oppure è preparato a rinunciare all’immediata possibilità di
utilizzarlo per un periodo di tempo determinato o meno, lasciando alle future
condizioni di mercato la possibilità di determinare in quali termini potrà, se
necessario, convertire questo “comando differito” in “comando immediato” sui beni
in generale? »
In pratica gli individui devono poi decidere cosa
detenere sotto forma di moneta e depositi e cosa sotto forma di titoli. A
questo punto Keynes definisce tre motivi per detenere moneta liquida:
a) domanda
di moneta per il motivo delle transazioni: è la domanda che gli individui
pongono al sistema emittente moneta per essere in grado di effettuare le
proprie transazioni giornaliere (acquisti e pagamenti);
b) domanda
di moneta per motivi precauzionali: è la richiesta di una certa riserva di
liquidità da detenere per affrontare eventuali spese imprevista ed incidentali;
c) domanda
di moneta per il motivo speculativo: viene rivolta al sistema emittente per
consentire un rapido movimento di transizione da un mix di attività finanziarie
all'altro, tipicamente può essere individuata come il denaro che un individuo
detiene nell'attesa di un determinato andamento del mercato finanziario
E cosa viene determinato dalla domanda di moneta?
«Quindi il tasso di interesse è sempre, essendo
il premio per aver rinunciato alla liquidità, la misura della riluttanza di
quelli che hanno moneta a separarsi da essa.»
Questo excursus
su Keynes ci serve per due motivi:
In primo luogo il framework keynesiano usa domanda
ed offerta di moneta con riferimento alla determinazione del tasso di
interesse, non del livello dei prezzi. Inflazione dei prezzi ci sarebbe invece
soltanto quando la domanda globale supera le capacità
produttive del sistema, cioè in condizioni di piena occupazione delle risorse
disponibili, (demand pull inflazion)
quando per un aumento del costo degli input le imprese tendono a traslare la
maggiore spesa sul prezzo finale dei beni di vendita e dei servizi (cost push inflation), oppure quando la
persistenza di una delle altre due cause fa sì che vi sia aspettativa di
inflazione anche per il futuro, che si tramuterebbero in una spirale di
crescita tra prezzi e salari (built in
inflation).
Non che condivida questa teoria, ma quello
pensano i keynesiani. Quindi Karlsonn non aveva in mente Keynes quando parlava
di “domanda di moneta” ma Mises.
In secondo luogo la teoria della preferenza per
la liquidità serve per capire questa successiva affermazione del Phastidio(so), altrimenti
incomprensibile.
Quindi, cari amici Austriaci, abbiamo
scherzato: la base monetaria non si è (ancora) trasformata in aumento
dell’offerta di moneta, visto che il moltiplicatore della medesima è crollato. Quindi smettete di leggere
l’aumento delle dimensioni del bilancio delle banche centrali come presagio
funesto della Weimar prossima ventura, e concentratevi sull’aumento
dell’offerta di moneta, nelle sue varie aggregazioni. Ma sull’aumento espresso
in termini reali, cioè al netto
dell’inflazione, mi raccomando.
A che serve, infatti, guardare i movimenti dell’offerta
di moneta “al netto dell’inflazione” per determinare se avremo inflazione dei
prezzi? È un assurdo.
Vediamo ad esempio il grafico dell’offerta di
moneta, nelle sue varie aggregazioni ed espresso in termini reali, per gli
Stati Uniti dal 1970 al 1984
Al netto dell’inflazione (dei prezzi), M1 oscilla
un po’ ma nel 1984 è poco sotto al livello del 1970, mentre M2 ed M3 sono
aumentate. Ma cosa possiamo dire dei prezzi guardando questi grafici? Ben poco.
Senza conoscere i dati a priori, avreste potuto affermare che in quel periodo
il tasso di crescita dell’indice dei prezzi al consumo era, per alcuni periodi,
in doppia cifra?
Allora perchè l’inphastidito parla di offerta di moneta in termini reali?
Perchè il framework keynesiano usa gli aggregati
monetari in questo modo, nel modello IS-LM, per determinare la curva LM, cioè
quella influenzata dalla politica monetaria e l’intendo di Phastidio è
convincere tutti che ci troviamo con una politica monetaria restrittiva in cui
la deflazione ci attende dietro l’angolo.
Perché l’illusione
monetaria è una gran brutta malattia. Ma soprattutto cercate di studiare di più: avevate il Giappone come benchmark, e
lo avete bellamente ignorato. Ora avete di fronte tutto il mondo occidentale,
nelle stesse condizioni da sboom di credito e deleveraging: non fatevi
scappare anche questa occasione.
Invitiamo umilmente anche il phastidioso a seguire i suoi stessi consigli prima di sparare ad alzata zero sugli AAA, ma temiamo che da buon padawan riconvertito al lato oscuro, avrà ben altro da studiare.
0 commenti:
Posta un commento