Non potevamo sapere. Non potevamo prevedere! (parte seconda)

Veniamo ora alla seconda critica mossa “agli economisti” e che Perotti vuole smontare.

2) «Non hanno saputo prevedere né capire, perché la metodologia economica prevalente si basa su modelli troppo astratti e matematici»

Questa critica è frutto dell'ignoranza sugli sviluppi della scienza economica. Per molti qualsiasi differenza dall'approccio discorsivo e informale della "General Theory" di Keynes viene interpretato come il frutto di una forma mentis che costringerebbe la realtà ad accordarsi con modelli astratti. Chi fa questa critica ignora o non capisce l'enorme letteratura prodotta da eccellenti economisti che hanno allo stesso tempo una preparazione formale e una profonda conoscenza dell'economia reale. Spesso ignora e non capisce l'enorme letteratura empirica di economisti seri e assolutamente interessati a comprendere come funziona il mondo in pratica, dediti a testare le teorie economiche con dati macro e micro”.

Quest’ultima frase rappresenta proprio il cuore del problema.

Come ha spiegato Mises, “non dobbiamo rifiutare il metodo matematico soltanto per la sua aridità. E’ un metodo completamente falso, che si basa su false assunzioni e porta ad inferenze fallaci. I suoi sillogismi non sono solo sterili ma dirottano le mente dallo studio dei problemi reali e distorcono le relazioni tra i vari fenomeni”.

Chi ha studiato fisica ha sicuramente prima o poi incontrato la teoria cinetica dei gas, che viene utilizzata per mettere in relazione le caratteristiche microscopiche di un gas (numero di molecole, velocità di ogni singola molecola, quantità di moto ed energia cinetica) con quelle macroscopiche (temperatura, pressione, volume)

In quella teoria si fanno diverse assunzioni che semplificano i calcoli e che hanno perfettamente senso all’interno del modello. Si suppone ad esempio che le molecole siano un numero così elevato da essere statisticamente significativo (*) e che si muovano in maniera completamente casuale nello spazio, obbedendo alle leggi di Newton. Queste due ipotesi permettono al fisico di affermare che non si commettono gravi errori se si assume che un terzo delle molecole si muova lungo ognuna delle tre direzioni dello spazio.

Il ragionamento è logicamente coerente ed il suo risultato, ovvero l’equazione di stato dei gas ideali approssima in modo soddisfacente il comportamento dei gas reali.

Quando però ci spostiamo nell’ambito di una scienza sociale come l’economia non abbiamo a che fare con molecole che si muovono casualmente, ma con uomini che agiscono individualmente per soddisfare dei fini ben precisi.

Aggregando i dati e facendo semplificazioni c’è il rischio di perdere di vista il rapporto causale tra le variabili, di individuare correlazioni laddove non ce ne sono, di stabilire che a livello macroeconomico esistono leggi, come. il cosiddetto paradosso del risparmio, che contraddicono quelle microeconomiche.

Si rischia appunto di credere che la realtà si comporti come un modello, di vivere nella presunzione della conoscenza, e giudicare anomalia tutto ciò che non vi si conforma. I modelli vanno bene ma usiamoli con cautela perché, come scrisse Henry Hazlitt: “se un’equazione matematica non è precisa è peggio che inutile: è una truffa. Ci dà risultati che hanno una falsa precisione. Ci dà l’illusione di conoscenza al posto della candida confessione di ignoranza, vaghezza ed incertezza che poi è l’inizio della saggezza”.

La terza critica segue logicamente dalla seconda

3) «Guardano la realtà con la lente perversa di ipotesi assurde come le aspettative razionali, l'informazione completa, i mercati efficienti»

“Una tipica variante di questa accusa prende la seguente forma: «Loro non lo sanno, ma noi che viviamo nel mondo e non nelle nuvole o nella turris eburnea dell'università sappiamo che i mercati non sono efficienti, che ci sono asimmetrie informative, che i prezzi degli asset possono deviare per lungo tempo dai fondamentali...»

Anche questa critica è frutto di una profonda ignoranza degli sviluppi dell'economia degli ultimi 30 anni, che si è dedicata in gran parte proprio allo studio di miriadi di deviazioni dall'ipotesi d'efficienza e d'informazione perfetta. Solo per fare un esempio, un'enorme ricerca studia teoricamente ed empiricamente come e perché vi possano essere bolle nei prezzi degli asset; e una enorme letteratura studia gli incentivi dei manager in presenza di asimmetrie informative.”

Ho cercato su google un po’ di letteratura a riguardo ed in nessuno dei casi esaminati vi era il minimo riferimento all’espansione artificiale del credito bancario come causa scatenante della bolla (in uno si parla di overconfidence degli operatori ed il secondo è un concentrato di matematica di alto livello in cui le bolle speculative sono causate, se ho capito bene, da shock esogeni). Eppure tutte le bolle speculative si sono sviluppate proprio in questo modo!

Vi è poi questo studio della Federal Reserve (del 2005!!) che ha esaminato tutta una serie di studi che si proponevano di individuare, tramite lo studio delle serie storiche dei prezzi degli asset, l’insorgere delle bolle speculative e che è molto interessante per le sue conclusioni:

“Le bolle speculative sul prezzo degli asset possono essere individuate? Uno studio dei test econometrici usati per individuare le bolle speculative mostra che, nonostante i recenti avanzamenti, non si può individuare con un soddisfacente grado di sicurezza una bolla speculativa con studi econometrici. Per ogni studio che trova evidenze di una bolla ce n’è un altro che rientra bene nei dati ma non permette lo sviluppo di una bolla speculativa”.

Questo perché, come scriveva Mises, “Tutti i prezzi che conosciamo sono prezzi del passato. Sono fatti che appartengono alla storia economica. Quando parliamo dei prezzi attuali ipotizziamo che i prezzi dell’immediato futuro non saranno molto differenti da quelli dell’immediato passato. Tuttavia tutto quello che viene detto riguardo i prezzi futuri è meramente una conseguenza della comprensione degli eventi futuri.”

Quindi se studiamo modelli econometrici ed introduciamo la serie storica dei prezzi passati riusciremo a prevedere bene i prezzi futuri soltanto fino a quando le condizioni economiche rimangono stabili. Non appena queste cambiano il nostro modello diventerà completamente inaffidabile.

Per fare un esempio è come se fossimo al casinò ed osservassimo per sette volte di fila uscire il rosso alla roulette. Analizzando i risultati passati ci convinciamo che, a dispetto della logica, continuerà sempre ad uscire rosso. All’ottava giocata puntiamo ed esce nuovamente un numero rosso. Convinti ora di avere ragione ripuntiamo tutto sul rosso e vinciamo nuovamente. Alla decima giocata, però, esce nero e perdiamo tutto.

Veniamo infine all’ultima critica mossa agli economisti, secondo Perotti.

4) «Molti non economisti hanno previsto la crisi».


Questo è falso. Dire per anni «la globalizzazione ha effetti perversi», «la nostra economia è eccessivamente finanziarizzata», oppure «l'economia finanziaria ha preso il sopravvento sull'economia reale» o ancora «il liberismo sfrenato comporta problemi sociali che solo gli economisti possono ignorare», non significa avere previsto la crisi. Accuse, tutte queste, a mio avviso infondate o strumentali.”

Qui non posso che essere d’accordo con Perotti ed aggiungerei solo che molti economisti che ora sono balzati alla ribalta per “aver previsto la crisi” in realtà rientravano in quelle schiere.

Conclusione

Perotti fa bene a difendere gli economisti dalle accuse che sono state rivolte loro. Sbaglia però a voler difendere il paradigma economico mainstream che è insegnato acriticamente in tutte le università ed è giustamente messo sotto accusa

Non tutti gli economisti sono stati ciechi di fronte alla crisi ed anzi in molti hanno saputo spiegarla e prevederla con dovizia di particolari. Tutti questi economisti aderiscono ad un paradigma economico alternativo, quello austriaco, accademicamente e politicamente emarginato.

Una vera difesa della categoria degli economisti dovrebbe passare attraverso il riconoscimento dell’inadeguatezza del paradigma esistente e sottolineando invece la bontà delle intuizioni teoriche di quegli economisti che la crisi l’avevano prevista.


Link alla prima parte


(*) Per comprendere il concetto di “statisticamente significativo” si pensi al lancio di una monetina. Se la lancio per 10 volte può benissimo capitare di ottenere un 70% di risultati “testa” (7 su 10). Se la lancio un milione di volte, invece, non otterrò dei risultati che si discostano molto, in termini relativi, dal 50% di teste.


0 commenti: