Gli inflazionisti all'assalto (parte prima)

Giusto un mesetto fa Gregory Mankiw, sul cui libro di economia molti di noi hanno studiato, proponeva, in un editoriale del New York Times, che la Fed abbassasse il tasso di interesse sotto lo zero, per “stimolare l’economia”.

Ora torna alla carica, stavolta dal palcoscenico di Blomberg.com ed adiuvato da una robusta squadra di economisti, per ricordarci ancora una volta che l’inflazione è un bene e ci aiuterà a superare la crisi economica.

Come sempre accade, però, gli argomenti che vengono proposti a sostegno dell’inflazione hanno effetti di breve periodo di cui beneficiano soltanto alcuni gruppi, mentre i costi vengono sopportati da tutti.

La lezione che deve imparare l’economista però, come ricordava Henry Hazlitt,

consiste nel guardare non solo alle immediate conseguenze di una scelta politica ma anche a quelle di lungo termine; consiste nel tracciare le conseguenze di quella scelta non solo per un gruppo ma per tutti i gruppi


Vediamo di applicarla ai supposti benefici dell’inflazione.

Ciò di cui l’economia degli Stati potrebbe aver bisogno è una dose della buona e vecchia inflazione.

Così dicono economisti come Gregory Mankiw, ex consigliere della Casa Bianca, e Kenneth Rogoff, che è stato Capo economista al Fondo Monetario Internazionale. Argomentano dicendo che allentare le briglie sull’inflazione consentirebbe ai consumatori ed ai governi strangolati dai debiti di far fronte ai loro impegni. Potrebbe anche aiutare l’economia incoraggiando gli Americani a spendere ora invece che più tardi, quando i prezzi saliranno.


Esaminiamo la prima affermazione:

L’inflazione aiuta i debitori

Ci sono migliaia di miliardi di dollari di debito, in mutui, in debito al consumo, in debito pubblico. E’ una questione di come si vuole ottenere il deleveraging. Vogliamo un lungo periodo di crescita debole, alta percentuale di risparmi e molti problemi legali oppure vogliamo accettare un’inflazione più alta?


L’idea di base è questa: se vi è inflazione il denaro vale meno con il passare del tempo quindi il mio debito, in termini reali, cala. Dal momento che le famiglie americane sono strangolate dal debito (mutui, carte di credito, etc.) una politica inflazionistica può essere utile per dar loro fiato ed aiutarle a ripagarlo. La promessa è che con l'inflazione si sistemano tutte le cose e non ci perde nessuno tranne, forse, i perfidi creditori. Ma è un prezzo da pagare, oppure no?


Problema #1 – L’inflazione diminuisce il fardello di chi è già indebitato ma non di chi si indebita

Certamente l’inflazione fa diminuire il valore reale dei debiti già contratti ma che cosa accade a chi deve prendere in prestito del denaro in un ambiente inflazionarlo?

Scrive Mises:

Fino a quando il deprezzamento del denaro va avanti, il tasso di interesse sui prestiti deve aumentare al di sopra del livello che sarebbe stato domandato e pagato se il valore di scambio della moneta fosse rimasto invariato


In soldoni, se la banca centrale inflaziona al 5% e rende manifesta la sua volontà di voler continuare (o le aspettative del mercato sono in tal senso) allora le banche aumenteranno il tasso di interesse sui prestiti in modo da compensare la perdita di valore del denaro a causa dell’inflazione. Quindi, invece di chiedere il 6% (scenario privo di inflazione) chiederanno l’11% (compensando per l’inflazione).

Questa è la situazione che è accaduta durante gli anni Settanta.

Problema #2 – Chi sono i più grandi debitori?

Gli inflazionisti indicano nelle famiglie “strangolate dal debito” i più grandi beneficiari di un aumento dell’inflazione ma in realtà i soggetti più indebitati non sono le famiglie ma gli Stati ed anche per loro il “beneficio” è solo temporaneo. Se anche all’inizio dell’inflazione lo Stato vede ridursi il fardello del debito pubblico, tuttavia l’aumento dei costi di beni e servizi fa lievitare la spesa pubblica e spinge lo Stato ad indebitarsi ancora di più.

Come abbiamo visto quando ci si aspetta che l’inflazione continui i tassi di interesse sui prestiti aumentano per tenere conto della perdita di valore della moneta e quindi anche lo Stato si troverà a pagare tassi di interesse più alti per i suoi debiti., come è successo all'Italia negli anni Ottanta.

Problema #3 – Chi sono i creditori?

Si dice che l’inflazione aiuti i debitori a spese dei creditori..

L’uomo comune, quando pensa ai creditori, si immagina il perfido banchiere che non gli vuole concedere il mutuo o che gliel’ha concesso a tassi di interessi “da usura”. L’inflazione sembra un modo per derubare questi strozzini e favorire chi ne ha bisogno. Ma non è così.

L’inflazione distrugge il potere d’acquisto della moneta e quindi danneggia tutti coloro i quali hanno il denaro in portafoglio, un deposito sul conto corrente oppure hanno acquistato obbligazioni e titoli di Stato, rientrando nella categoria dei “perfidi” creditori.

Insomma l'inflazione danneggia tutti.

1 commenti:

akacimea ha detto...

Difficile alla prima lettura ma poi spiega tanto tanto.